domenica 10 giugno 2012

Hiking

Engelberg è un paese di montagna poco sopra Lucerna. E' l'immagine della Svizzera rurale: tetti spioventi, la chiesa con il suo campanile e centinaia di mucche tutt'intorno. Engelberg è anche il posto prediletto dai turisti indiani. Il treno che parte da Lucerna e porta ad Engelberg è sempre strapieno di famiglie indiane armate di macchina fotografica, carrozzine, cappelli e occhiali assortiti. In genere gli indiani si dividono in due grandi categorie. La prima è quella che arriva in maglietta e infradito per poi scoprire che a 3000 metri fa freddo e c'è la neve anche d'estate. La seconda è quella che gira in paese con i Moon Boot e il passamontagna anche a ferragosto. In entrambi i casi si tratta dell'elite indiana in gita europea. Adorano farsi fotografare di fronte alla stazione o sullo sfondo di un cantiere edile.
Ieri volevo andare ad arrampicare, ma i tre elementi chiave del disegno astrale (bel tempo, disponibilità di altri scalatori e assenza di viaggi di lavoro) non si sono allineati. Cosi ho deciso di esplorare le montagne alla vecchia maniera, camminando. Non conoscendo nulla, mi sono fidato dei cartelli segnaletici, scegliendo il percorso più lungo: Surenpass, 5 ore. 
Fedele alle previsioni del giorno prima, il tempo faceva schifo. Con il cielo coperto da nuvole grigio, una pioggerellina microscopica e gelida mi ha accompagnato per una buon'ora. Il sentiero nel frattempo ha iniziato a salire rendendomi indeciso se togliermi la giacca o tenerla. Ogni quindici minuti me la sono tolta e poi rimessa, finché il freddo è stato tale che la scelta è diventata obbligata. 
Via via che il sentiero saliva la neve ha iniziato a farsi più frequente, nascondeno il sentiero per lunghi tratti. Poi sono arrivati dei ruscelli ed anche dei torrenti vorticosi che uscivano da lingue di ghiaccio. In giro non c'era anima viva, ads eccezione dell marmotte che fischiavano nella mia direzione come dei playboy inveterati sul lungomare di Rimini (le marmotte in Svizzera rimangono a guardarti invece di scappare come in Italia). Per qualche secondo il cielo si è schiarito ed è uscito un raggio di sole. Mi sono guardato intorno e ho visto per la prima volta il posto in cui stavo camminando: una valle circondata da rocce ai piedi delle quali scendevano dei piccoli ghiacciai probabilmente destinati a scioglersi quasi del tutto durante l'estate piena. Il sole è scompareso dietro alle nuvole ed ho smesso di guardare il paesaggio per concentrarmi sui miei piedi e sul mio respiro sempre più affannoso. 
Quando sono arrivato al Surenpass  faceva un freddo pazzesco e l'unico modo per non morire congelato durante il pranzo è stato quello di infilarmi nel bivacco della SAC, il CAI locale. Nei pochi minuti che è durato il pranzo le mie mani hanno fatto in tempo a perdere sensibilità, per cui ho deciso di rimettermi in cammino al più presto.
Sulla via del ritorno sono stato fermato da due americani in maglietta e bermuda che mi hanno chiesto com'era il resto del sentiero. Gli ho detto di continuare che non c'erano problemi (sono un fervente fedele della teoria della selezione naturale).