domenica 29 settembre 2013

Sulle piste


C'è un immenso lago circondato da montagne innevate. Gli alberghi si chiamano Chamonix, Der Tiroler, Le Chalet Suisse, Cervino. Si serve fondue e ovunque ci sono negozi di cioccolato e si vendono coltelli prodotti localmente. Ci sono decine di negozi di materiale da montagna con prezzi astronomici. Questa è St. Moritz o Zermatt? No, benvenuti a Bariloche, dove i ricchi del continente si ritrovano per una sciata nel comprensorio più grande dell'emisfero sud (cartello stradale dixit). Le targhe delle macchine dicono Brasile, Cile e chiaramente Argentina.
Bariloche è anche il fulcro dei festegiamenti per i maturandi. Le strade rigurgitano di adolescenti vestiti tutti uguali, con giacche a vento fornite dall'agenzia che ha organizzato il tutto compreso. Te li ritrovi anche sulle piste da sci, in gruppi da cento, camminare infreddoliti e farsi la foto con il panorama alle spalle seguendo le indicazioni di una guida col megafono. A valle si sciolgono e inondano le discoteche fino a mattina. Conforta scoprire che l'idiozia adolescenziale non sia un monopolio italiano.
Fa un po' strano sciare mentre in Italia c'è chi sta facendo il bagno al mare. Le piste non sono male (non fosse per il rischio di contribuire all'ipertrofico orgoglio argentino direi che sono anche belle). Peccato che gli impianti di risalita vadano al rallentatore e che si faccia in tempo a morire assiderati prima di arrivare in cima. In compenso la conversazione è molto più facile e divertente che in Svizzera, dove la gente fa finta di essere sorda pur di non parlarti. Anche non volendo si è coinvolti in grandi discussioni sullo sci, sull'Italia, sull'Argentina o su qualsiasi altro argomento che passi a tiro.

giovedì 26 settembre 2013

La Pampa

Tra mare e montagna non c'è scelta: montagna. Parto da Buenos Aires a fine pomeriggio. Come in un lungo travaglio, il bus ci mette ore ad uscire dall'utero urbano, fermandosi ad imbarcare i passeggeri delle periferie. Quando è pieno, il ragazzo factotum fa partire il primo di molti film che seguiranno. Saranno tutti americani, pieni di sparatorie, bombe e gli immancabili terroristi.
Mentre il ragazzo serve la cena su dei pratici vassoi, il sole si addormenta sulla pampa, la pianura più piatta e monotona al mondo. Poco dopo lo seguo, entrando in un sonno interrotto solo dalle fermate nel mezzo del nulla. Quando, dopo dodici ore di viaggio apro le tende, il paesaggio non è cambiato di una virgola. Invece di annoiarmi, l'alternarsi di campi e mucche mi ipnotizza con la sua ripetitività e non sento il tempo passare sulla mia pelle anestetizzata.
Arriva l'ora della colazione e poi del pranzo. Infine il paesaggio accenna un mutamento. Appare qualche albero, il bus ansima per le ampie curve di una salita. Con Bruce Willis che uccide un cattivo (oppure è lui stesso il cattivo) appare un immenso lago circondato da cime innevate. Buenos Aires - Bariloche in 23 ore scarse.

giovedì 19 settembre 2013

Da Buenos Aires a Berazategui


Quando tre anni fa, alla fine del mio periplo per l'America Latina ero arrivato a Buenos Aires, l'avevo trovata spettacolare. Bere vino e caffè, mangiare bistecche e pizza dopo mesi di sopitas, carnitas, frijoles e arrozito era stat un'esperienza mistica e catartica, un ritorno a casa.
Sarà che tre anni di Svizzera mi hanno abituato alla perfezione, oppure che l'inverno mette a nudo le debolezze di qualsiasi città, ora Buenos Aires mi appare meno ricca e sfavillante. Gli edifici e le strade sono gli stessi, ma i negozi e le persone appaiono diversi, tutto sembra un po' più veccho e grigio.
A differenza di allora, quando - distrutto da un viaggio estenuante aspettavo il mio volo di ritorno in un misto di rassegnazione e solitudine - adesso condivido il mio jet lag con una strana creatura mitologica, metá hostess e metá artista, che mi fa conoscere piccoli gioielli metropolitani come l'Ateneo (un teatro trasformato in libreria) o Clasica y Moderna (un ristorante letterario).
Essere esenti dall'obbligo turistico di vedere tutto quello che viene menzionato nella guida è una liberazione senza pari, come anche esplorare il sobborgo di Berazategui una domenica mattina, con i negozi chiusi e in compagnia del camion dell'immondizia. Sono sicuramente l'unico turista di Berazategui e - assieme all'animale mitologico di cui sopra - mi muovo tra le casette disposte a scacchiera come se fossi in un sito archeologico greco  o romano. Posso immaginare l'anno 1908, la costruzione della fabbrica di vetro Rigolleau, la ferrovia con la stazione ancora incompiuta. Arrivano immigranti italiani, spagnoli, tedeschi e polacchi, tutti con la pancia piena solo di speranza. Berazategui si è sviluppata attorno alla sua fabbrica: la piazza, il municipio e la chiesa si sono aggiunti dopo, come fossero dei dettagli.
Nel cortile di una delle tante casette assisto ad un rituale argentino a cui possono accedere solo gli adepti di una popolare religione locale denominta asado. Sulla griglia si intersecano come in un puzzle colorato varie parti del corpo di una mucca che è stata sacrificata per il piacere di noi umani. Là dove chiunque vede solo carne, l'argentino riesce a declinare nomi di ghiandole salivari, tratti dell'intestino tenue, salsicce di sangue e vari organi generalmente poco interessanti per il palato. Il peggio è che è tutto tremendamente buono e che per quanto il cervello si opponga, la pancia lo convince a rimandare il vegetarianesimo a data da destinarsi.