martedì 22 novembre 2011

Marrakesh

A Marrakesh ci ero stato quasi venticique anni fa, durante un viaggio organizzato (il primo e ultimo) che avevo fatto con i miei. Della città mi ricordavo la piazza centrale con gli incantatori di serpenti, i venditori di succo d'arance e le veggenti.
In tutto questo tempo è cambiato poco. La piazza è sempre gremita di gente, che la sera si raggruppa attorno a dei comici oppure a dei musicisti. Vicino al souq ci sono decine di banchetti dove si può mangiare qualcosa di buono, caldo e veloce: tajin, couscous o merguezes. I camerieri corrono avanti e indietro indaffarati. Un uomo nascosto da una nuvola di fumo armeggia con mestoli e pentole. Il menu non deve essere cambiato dalla colonizzazione francese.
Il Marocco è la nazione del Nordafrica che trovo più affascinante, un punto di incontro tra Africa e Europa e tra modernità e tradizione. In nessun altro posto si vedono così tante persone vestite in modo tradizionale, con la tunica bianca e le babbucce ai piedi. E non sono marziani: parlano francese ed usano l'iPhone.
Non si tratta del paradiso chiaramente. La crisi economica colpisce tutti e una vera e propria massa di emigranti è tornata in patria dalla Spagna e dall'Italia. Quando manca il lavoro, i primi a perderlo sono i lavoratori meno specializzati. A Marrakesh sono anche scoppiate delle bombe, messe da gruppi di islamisti di ispirazione qaedista. Il sottofondo di povertà fa da terreno di coltura per gesti di ordinaria idiozia.
Nonostante tutto il Marocco è l'unico stato della regione a non aver vissuto una crisi politica: Ben Ali è stato il primo a saltare, seguito a ruota da Mubarak e infine da Gheddafi, che sembrava il più furbo e ha fatto la fine del topo. E perché il Marocco no?
La risposta non si chiama ancora democrazia (anche se non siamo lontani), ma piuttosto monarchia. La figura del re è sacra, la sua legittimità indiscussa. Un cauto processo di riconciliazione nazionale e democratizzazione è in corso dalla morte di Hassan II, il re responsabile delle violenze degli anni di piombo contro esponenti di sinistra. Mohammed VI, suo figlio, potrebbe diventare il primo monarca costituzionale del mondo arabo, aprendo una strada che dovrebbe essere seguita da latri: dalla Giordania all'Arabia Saudita.
Ma questo con la calma, bevendo té alla menta e commentando i risultati del campionato di calcio, mentre passa un carro trainato da un asino, stracarico di legna da ardere che servirà per cuocere il pane. Bisogna dare tempo al tempo.

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