lunedì 16 aprile 2012

Un italiano a New York


Una delle cose che continuano a stupirmi degli Stati Uniti (e ce ne sono tante) è la totale fascinazione degli americani per l’Italia, per il suo cibo, per la sua cultura e musica classica. E’ un’ammirazione che sfocia nell’ossessione, oltre che – a volte – nella parodia. Leggendo i settimanali sembra che l’Italia intera viva in piccoli paesini abbarbicati a rocce spioventi sul mare, con i pescatori che ti portano a casa il pesce fresco cantando arie di Verdi. La sera i loro figli scendono in piazza in Vespa per bere vino e caffè e cantare tutti insieme arie di Verdi. Per uno strano miracolo, l’immagine oleografica e patinata dell’Italia non sembra essere intaccata dagli scandali a ripetizione, dalla politica da operetta (o da Opera) e dall’apparenza ben poco estetica dei nostri rappresentanti ufficiali e ufficiosi.
Litlle Italy a Manhattan è diventato uno dei quartieri più chic di New York. Nonostante sia al lato di China Town, dove turisti e curiosi si mescolano a casalinghe cinesi che comprano pezzi di animali improbabili parlando in cantonese e mandarino (almeno penso), Little Italy è un altro mondo: elegante, alto, estetico, alla ricerca della qualità nel dettaglio, caro. E’ pieno di ristoranti in cui si può mangiare cibo italiano vero (da non confondere con quello spacciato per tale nel resto degli Stati Uniti). La mozzarella è di bufala, l’acqua è San Pellegrino, quello che c’è nel piatto corrisponde a ciò che il menù dice. E si tratta quasi sempre di una ricetta regionale tipica, il più delle volte sconosciuta perché di una regione in cui non si è stati.
Nel cuore di Manhattan, nel Greenwitch Village c’è Washington Square Park, un’area verde che nelle belle giornate di primavera è invasa da centinaia di persone sdraiate sulle panchine le une sulle altre come le iguane delle Galapagos. Le note dei suonatori di strada si sovrappongono. Non si tratta di canzoncine strimpellate per qualche monetina, ma quasi sempre dei pezzi suonati da professionisti, magari con tanto di complesso al seguito. Oggi c’è un pianista che ha portato il suo piano a mezza coda e suona ininterrottamente pezzi jazz intercalati a pezzi classici e qualche canzone pop. E’ l’attrazione della piazza.
Poco lontano, un po’ in disparte, Garibaldi lo ascolta estraendo la sua spada per un nemico immaginario, ignorato dalla folla. Forse è una mia impressione, ma sembra avere lo sguardo divertito.


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