C’è un immenso ingorgo all’uscita dall’aeroporto, macchine bloccate sotto il sole e venditori che cercano di attirare lo sguardo di automobilisti rassegnati. E’ la scena tipica di molte città africane. La povertà si vede per strada. Invece qui è diverso. I venditori ambulanti non tentano di spacciare fazzoletti di carta, o sigarette, o caramelle. Qui si vendono quotidiani che parlano di politica, DVD, CD, persino dei libri di marketing. Questa è Accra, capitale del Ghana, il posto in cui è nato Nkwame Nkruma, uno dei leader della lotta al colonialismo, il padre dell’identità africana, che cinquant’anni dopo – anche grazie a una coppa del mondo di calcio in un Sudafrica riunificato e benedetto dall’orgia mediatica – inizia finalmente ad avere un senso tangibile e non solo ad essere vacua retorica. Qui è anche nato Kofi Annan, il Segretario Generale delle Nazioni Unite che è riuscito a sopravvivere al periodo più instabile della storia recente: Balcani, Sierra Leone, Liberia, Caucaso e una varietà multipla e variegata di conflitti “etnici” frutto del passaggio dalla guerra fredda a quella riscaldata.
Ad Accra ci sono cartelli agli incroci che dicono “riparo lavatrici” oppure “il tuo sito web in 24 ore”. Qui ci sono lavatrici, computer, stereo e lettori DVD e gente che li usa. Ci sono anche milioni di macchine. Come in Angola, il primo indice di sviluppo economico è un`immenso serpente sferragliante che si muove a lentezza di lumaca. Qui, almeno, gli automobilisti non tentano di ammazzarsi a vicenda. Una caratteristica dei ghanesi che ho notato in questo giorni passati ad una conferenza sul calcio africano è che sono di una gentilezza incredibile. Qualsiasi malinteso si risolve in un sorriso e in un accordo. In pochi altri paesi africani la modernità si è fusa in modo così armonico con la tradizione. Non si sente alcun tipo di senso di inferiorità, nemmeno represso. Come si dice in francese “les gens ici sont bien dans leur peau”.
In Ghana si gioca a calcio, ci mancherebbe altro. A differenza degli altri stati africani il Ghana vince. Solo per colpa di qualche centimetro di troppo non è stato il primo paese africano a qualificarsi per le semifinali di una coppa del mondo. Quel giorno mi trovavo a Bogotà, nella stazione dei bus. Per me è stato uno spettacolo unico. Per la gente di qui il passaggio dall’euforia alla disperazione.
Se parli con i tassisti inizia una sfila di nomi più o meno conosciuti: Essien, Gyan, Boateng, Muntari, Appiah. Sono gli eroi del calcio d’esportazione. Nessuno ti sa dire la formazione della squadra in testa al campionato locale, ma se vuoi quella del Chelsea o del Milan non c’è problema. C’è qualcosa che mi colpisce sempre dei giocatori ghanesi che giocano in Europa: anche loro sono gentili. Non dicono cazzate, non provocano, non si tingono i capelli di verde, non hanno piercing. Sono normali, stanno bene nella loro pelle.