martedì 19 agosto 2014
Calvi e Ile Rousse
All'albergo di Calvi accettano di darmi una stanza solo dopo che assicuro che non ho pulci (sembra sia un problema ricorrenti di quelli che tornano dal GR 20), poi vengo adottato dalla coppia di anziani proprietari. Calvi è una sorpresa. Oltre ad una spiaggia lunghissima e strettissima in cui si impacchettano migliaia di salamandrre cosparse di olii abbronzanti,c'è una magnifica cittadella costruita dai genovesi che si affaccia sul porto infestato dai soliti yacht popolati da gente che mangia di fronte ad altra gente che gode ad osservarli mangiare. Scopro che Calvi è la città natale di Cristoforo Colombo. Faccio un pellegrinaggio alle rovine della sua casa, non sapendo se commemorarlo per il suo incredibile coraggio oppure condannarlo per aver regalato una terra promessa a chi non l'ha mantenuta.
A Calvi volevo fare il vero turista ebete ed affittare uno scooter, ma alla fine ho preso il trenino per Ile Rousse, che è una specie di bus su rotaie che si ferma ad ogni angolo di strada. Non ci sono vere stazioni e uno deve un po' indovinare dove ci si trova. Ogni tanto il capotreno urla il nome della stazione. Come me, la maggior parte delle persone non hanno fatto il biglietto e viaggia gratis visto che bisognerebbe pagare al controllore ma non ci si può muovere per la troppa gente. Se si aggiunge il caldo, l'esperienza è un po' estrema, ma in compenso si può guardare fuori dal finestrino e vedere degli autentici paradisi naturali. Il treno si ferma nel mezzo del nulla e a pochi metri si ha la spiaggia più bella del mondo, semi-vuota. L'esperienza è decisamente folcloristica e osservo la compassata coppia danese che non sa se iniziare la lunga lista delle cose che potrebbero essere meglio organizzate (veramente lunga) o lasciarsi prendere dalla magia del mare, del sole e del cielo azzurro. Come tutti, optano per la seconda opzione.
lunedì 18 agosto 2014
GR 20: Carrozzu-Calenzana
L'inventore delle tende insonorizzate - quando verranno create - meriterà il premio Nobel per la Pace. C'è voluto poco perché non sgozzassi il mio vicino nel sonno (suo) e nell'insonnia (mia). Russare dovrebbe essere considerato un crimine contro l'umanità.
Grazie a lui mi alzo alle 4.30, impacchetto lo zaino e parto mezz'ora dopo senza fare colazione. L'inizio è un po' traumatico, ma camminare al buio con la lampada frontale è sempre un'esperienza mistica, soprattutto se si è da soli. Le stelle mi osservano dal cielo e la stella polare indica la ia direzione. Tra poco mi dovranno lasciare perché il sole è dietro l'angolo. La luce arriva come una brezza leggera, di colpo è giorno, il misticismo è finito, è ora di fare colazione.
Oggi le gambe sono dure, il fiato corto, il sentiero semplicemente micidiale. Più che la salita è la discesa a massacrarmi, non c'è un solo tratto in cui si possano fare due passi di seguito. Entro in una specie di trance e ripeto il mio mantra di questo GR 20, una canzone dei Louise Attaque che dice "Lea elle n'est pas à gauche, elle n'est pas à droite, elle n'est pas maladroite". Il bello dei mantra è che non devono avere necessariamente senso.
Finita la discesa immergo i piedi tumefatti in un ruscello e mi dedico a dare indicazioni ai dispersi sfiancati dai continui saliscendi. Poco dopo riprendo il cammino e arrivo al rifugio Ortu di u Piobbu che segna l'inizio dell'ultima tappa per me. Il sentiero è splendido: facile, ben segnato, immerso nel bosco. Penso che serve ad illudere quelli che iniziano il GR 20 da nord e ad irridere quelli che si sono sciroppati terreni atroci. La discesa è lunghissima (1.600 m) ma piacevole. Il caldo si fa sentire, il paesaggio diventa familiare, si vedono case, la baia di Calvi, anche campi coltivati. Infine, dietro ad una collina, appare come un miraggio il campanile di Calenzana: la fine è ficina, le vesciche fanno festa.
Poco rpima di entrare in paese assisto ad una scena molto toccante. Ci sono un ragazzo e una ragazza che incontrano due donne. Da lontano non capisco se stanno ridendo o piangendo. Da più vicino mi accorgo che piangono a dirotto tutti quanti, mentre il ragazzo continua a ripetere "the place is so beautiful". Da quello che capisco i due ragazzi sono saliti a vedere il posto dove è morto un loro familiare.
L'arrivo a Calenzana è da film Western. Il paesino è immerso in un meriggiare pallido e assorto, agostano. Le vie strette e arrampicate sulla collina, ruomore di cicale, due vecchietti seduti fuori dalla porta di casa. E l'extraterrestre che scende dalla luna con bastonicini telescopici e zaino formato magnum.
Pensavo di trovare un bus per Calvi, ma l'ultimo della giornata è partito poco prima. Accendo il pollice per scroccare un passaggio e dopo esattamente 30 secondi si ferma una signora gentilissima che mi deposita a Calvi all'istante, spiegandomi tutto sulla città e la regione.
domenica 17 agosto 2014
GR 20: Tighjiettu-Carrozzu
E' buio pesto quando mi sveglio. Alla luce della lampada frontale preparo la colazione, mi incerotto i piedi, rifaccio lo zaino e parto. Il mio orologio segna le 6.01. I primi passi sono massacranti. Inizio a dubitare di poter fare le due tappe che mi aspettano, tra le più difficuli del GR 20. Poi il motore si scalda e procedo spedito. Nonostante il terreno impervio e lo zaino, salgo 500 m in un'ora e arrivo presto al punto più difficile - il cosiddetto Cercle de la Solitude. Il posto è reso più spettacolare e tetro da nuvole dense e basse e da un vento fortissimo che rischia di farti cadere ad ogni passo. Ci sono pezzi di secondo e terzo grado, delle catene fisse e un bello strapiombo sotto i piedi. Con zaino e scarponi è un passaggio che è meglio non fare da ubriachi.
Passato indenne il Cercle de la Solitude, la discesa su Asco è piuttosto piacevole. Arrivo in valle poco prima delle 11. Mezz'ora per fare il pieno di ottimo carburante (salame di cinghiale e formaggio di pecora) e poi via di nuovo per un sentiero che sale ripido. La coppia di gitanti davanti a me sale a balzi felini. Io avanzo con il passo lento e regolare di un carro armato. Dopo mezz'ora sembrano sfatti e non li rivedrò più.
Il sentiero sale ripido e spesso bisogna usare le mani per arrampicarsi. C'è vento ed il cielo sempra un mare di asfalto. Ringrazio il dio della montagna per mantenere le rocce asciutte. Scendere sui lastroni bagnati sarebbe uno sport estremo.
Dopo un po' trovo un laghetto di montagna. Non resisto alla tentazione di buttarmi, anche se il bagno dura un battito di ciglia perché l'acqua è gelata. Mi conforto mangiando il formaggio di pecora con un pane che ha la forma dell'archetipo del pane (quello della pubblicità della Nutella per intenderci). Riprendo la discesa e le gambe si fanno pesanti. Non si rifiutano di scendere, ma riducono sensibilmente la velocità. Inizio ad odiare i lastroni interminabili.
La valle è piuttosto inquietante, stretta e profonda, sembra sia stata tagliata con il flessibile dal torrente che scende alla mia destra. La valle è attraversata da un ponte sospespo nel vuoto, vibra e balla che è un piacere, ma in pochi minuti sono al rifugio.
Oggi ho camminato per nove ore, per 1.550 m di salita e 1.860 m di discesa.
sabato 16 agosto 2014
GR 20: Manganu-Tighjiettu
Alle 6.45 di mattina il paesaggio è da Verde Prateria, tra ruscelli e mucche. Il sentiero è piano, oggi il dislivello non sarà il problema maggiore. Il problema sarà la distanza di 31 Km delle tre tappe che ho previsto. Per di più allungo il percorso perdendomi un paio di volte. Le varie parti del mio corpo protestano a turno. Iniziano le spalle, seguiti dai fianchi, continuano i piedi. Nonostante sia partito incerottato come un invalido di guerra, il migolo sinistro urla di dolore, l'alluce destro lo accompagana e si aggiunge al coro anche il tallone destro. Decido di incerottare l'alluce destro creando un disastro: una piaga si crea all'istante nel dito a fianco, anche lui incerottato immediatamente.
Passo a fianco ad un albero che è l'emblema stesso della sopravvivenza: il vento che soffia da ovest è così forte che tutti i rami guardano ad est. Sembar che si sia appena fatto una messa in piega. Poco dopo entro in una macchia mediterranea che odora di pini marittimi e che mi proteggerà dal sole per varie ore.
Dopo due giorni di nulla totale, incrocio per la prima volta la civiltà: una strada asfaltata, macchine, anche un negozio in cui compro yoghurt, mele e cioccolata. La civiltà porta con sé anche molti escursionisti della domenica, con sandali ai piedi e magliette scollate. Ma appena il sentiero sale, i gitanti si diradano fino a scomparire.
Alla mia destra c'è il solito torrente di acqua cristallina che forma un paradiso naturale. Per una volta abdico al mio masochismo cronico e abbandono la mia tabella di marcia, togliendomi calzini, pantaloni e maglietta sudata. L'acqua è gelida, ma carica di vita. Quando riparto sono più veloce di Flash Gordon e arrivo al rifugio alle 15.45. Ho già fatto due tappe e quelli che sono partiti con me si tolgono gli zaini, iniziano a montare la tenda. Non mi va di fermarmi. Riempio la borraccia e riparto. Non troverò nessuno per strada, né in un senso né nell'altro. Il sentiero prima sale, poi scende con una pendenza molto importante in mezzo alle rocce. Faccio attenzione per non finire a valle con un solo salto.
Quando finisco la discesa, di colpo, la stanchezza mi cala addosso. Ogni passo è una pena ed inizio a parlare con il sentiero come fosse una persona. Gli dico di fare il bravo, di smettere di giocare al saliscendi, di rimanere regolare. Niente, il sentiero oggi è in vena di scherzi. Sto già iniziando a guardarmi attorno per vedere se c'è un posto per un bivacco che incrocio un inglese tutto agghindato da corsa in montagna che mi informa che mancano 20 minuti. C'è una bergerie dietro l'angolo, il rifugio è più sopra, decido di fermarmi. Sono le sei di sera, undici ore di cammino.
giovedì 14 agosto 2014
GR 20: Onda-Manganu
Sveglia alle sei dopo notte mezzo insonne a causa del vento forte e della tenda in discesa. Sono il primo a partire e l'unico a fare due tappe in un giorno. Il sentiero scende in un bosco di latifoglie che genera un'ombra quasi magica e il ruscello al fianco forma delle piccole piscine naturali. Se non fosse mattina presto mi farei un bagno. Dall'altro lato della valle sale dolcemente, quasi non sembra salita. A mezzogiorno in punto sono al rifugio Petra Piana. Continuo per Manganu credendo di avere una salita e poi una discesa. Invece il sentiero sembra voler giocare a nascondino: sale, scende, sale, scende. Attraversa le montagne in costa e non sembra finire emai. Ho perso il conto dell'altitudine, ma mi sembra di avere abbondantemente superato il dislivello preventivato. Il fondo è roccioso e spesso bisogna camminare su enormi massi oppure arrampicarsi. Niente di tecnicamente impossibile, ma i 16Kg sulle spalle mi fanno muovere come un babà alla crema.
Sul GR 20 si incontrano sempre persone, in un senso o nell'altro. Improvvisamente non si vede più nessuno. Devo essere l'ultimo ad essere partito verso nord da Petra Piana. Penso che è meglio non cadere, perché una caviglia rotta vuol dire passare la notte a 2000 m. Infine il sentiero decide di scendere, l'altimetro indica che il rifugio si sta avvicinando. Sono in ritardo di circa un'ora rispetto alle previsione, ma sono ancora le cinque di pomeriggio e il tempo è bello.
Il rifugio Manganu è meglio di Onda, ma alla doccia c'è una fila interminabile. Vado a lavarmi al torrente, tanto l'acqua è la stessa. Dopo una birra al sole faccio l'inventario dei miei muscoli. Tutti presenti dopo i 1.600 m di salita e i 1.500 di discesa in dieci ore. Domani si riparte.
martedì 12 agosto 2014
GR 20: Vizzavona-Onda
Il GR 20 è uno dei sentieri di montagna più lunghi d'Europa. Taglia la Corsica in senso longitudinale e sale e scende per circa duecento chilometri. Si può fare da nord a sud o al contrario. Io inizio a circa un terzo e vado verso nord. Non ho una cartina, non ho una guida e mi sono sbagliato a guardare le tappe su internet e ne devo fare dieci invece di sei come pensavo. Il mio volo parte tra sette giorni, per cui dovrò obbligatoriamente farne più di una al giorno. Certo, potrei andare verso sud, ma la parte difficile è a nord e non posso andare contro al mio istinto.
Poco dopo la stazione di Vizzavona si trovano dei cartelli sparsi qua e là. Sono stati messi dalla famiglia di un bancario svizzero scomparso qualche settimana prima. Anche un americano è scomparso sul GR 20 in luglio, nessuna traccia.
Il sentiero sale dolcemente nel bosco a fianco ad un ruscello con l'acqua color cristallo. Il sentiero è segnato perfettamente, ma ci sono dei tratti di roccia e bisogna fare attanzione a dove si mettono i piedi. Tra lo zaino pesante e il sentiero impervio salgo molto lentamente i 1000 metri di dislivello. In comenso ho tutto il tempo per ammirare il paesaggio. Dal colle a 2000m si vede il blu del mare tra le montagne brulle.
Il rifugio Onda è piuttosto basico, il bivouac al lato ancora meno: doccia gelata, perfetta per la circolazione.
domenica 10 agosto 2014
Vizzavona
Prima di partire, avevo cercato informazioni sui treni per Vizzavona sul sito delle ferrovie francesi, senza successo. Il sito non riconosceva i nomi né della città di partenza e di quella d'arrivo. Ho poi scoperto che esisteva un sito delle ferrovie corse, un po' primitivo ad essere onesti. Gli orari sono disponibili in formato pdf, ma uno deve conoscere le linee per sapere dove cercare. In compenso ci sono pochissimi treni al giorno (in tutta l'isola probabilmente una ventina), per cui la ricerca non è molto lunga e le opzioni molto poche.
Prendo il treno delle 7.41. Il treno parte in orario e mi aspetto che prenda un po' di velocità, cosa che non succede. E' chiaro che sta andando al massimo (probabilmente 30 o 40 Km/h): binario singolo, scartamento ridotto, motore a gasolio, pi?u che un treno sembra una giostra del Luna Park.
Un'altra cosa mi stupisce: le stazioni sono minuscole, quasi inesistenti e soprattutto appaiono nel mezzo del nulla, senza case attorno, con pezzi di unfrastruttura dell'epoca del vapore e cartelli che sembrano usciti direttamente da un film neorealista. Alle fermate, nessuno sale e nessuno scendem, sembra che la Corsica non sia provvista di abitanti, o se ci sono, sono molto ben nascosti.
Vizzavona, la mia fermata, è unametropoli. E' dotata di un ristorante, tre pensioni e anche un'épicérie in cui compro pane e qualche mela.
venerdì 8 agosto 2014
Aiacciu
C'é l'aeroporto Napoleone Bonaparte, il viale Napoleone, la scuola Napoleone ed il cinema Napoleone. E' piuttosto ironico che il territorio francese più ribelle ed independentista, che ha generato la mafia piú organizzata del paese, abbia dato i natali al simbolo stesso della grandeur e del conclamato sciovinismo dei nostri cugini d'oltralpe.
Ajaccio vive la sua bellezza con discrezione e naturalezza, senza darsi arie ed in questo - oltre che nell'accento molto nostrano - si vede la differenza con il resto della Francia. La città è incastonata in un golfo splendido che accoglie navi enormi, barche a vela e yacht. Camminando per le stradine della città vecchia, appare in fondo alla via la sagoma enorme di una nave da crociera o del traghetto per Marsiglia. Sembra quasi voglia attraversare le strisce pedonali o sia in attesa del verde assieme a macchine e motorini.
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