sabato 16 agosto 2014
GR 20: Manganu-Tighjiettu
Alle 6.45 di mattina il paesaggio è da Verde Prateria, tra ruscelli e mucche. Il sentiero è piano, oggi il dislivello non sarà il problema maggiore. Il problema sarà la distanza di 31 Km delle tre tappe che ho previsto. Per di più allungo il percorso perdendomi un paio di volte. Le varie parti del mio corpo protestano a turno. Iniziano le spalle, seguiti dai fianchi, continuano i piedi. Nonostante sia partito incerottato come un invalido di guerra, il migolo sinistro urla di dolore, l'alluce destro lo accompagana e si aggiunge al coro anche il tallone destro. Decido di incerottare l'alluce destro creando un disastro: una piaga si crea all'istante nel dito a fianco, anche lui incerottato immediatamente.
Passo a fianco ad un albero che è l'emblema stesso della sopravvivenza: il vento che soffia da ovest è così forte che tutti i rami guardano ad est. Sembar che si sia appena fatto una messa in piega. Poco dopo entro in una macchia mediterranea che odora di pini marittimi e che mi proteggerà dal sole per varie ore.
Dopo due giorni di nulla totale, incrocio per la prima volta la civiltà: una strada asfaltata, macchine, anche un negozio in cui compro yoghurt, mele e cioccolata. La civiltà porta con sé anche molti escursionisti della domenica, con sandali ai piedi e magliette scollate. Ma appena il sentiero sale, i gitanti si diradano fino a scomparire.
Alla mia destra c'è il solito torrente di acqua cristallina che forma un paradiso naturale. Per una volta abdico al mio masochismo cronico e abbandono la mia tabella di marcia, togliendomi calzini, pantaloni e maglietta sudata. L'acqua è gelida, ma carica di vita. Quando riparto sono più veloce di Flash Gordon e arrivo al rifugio alle 15.45. Ho già fatto due tappe e quelli che sono partiti con me si tolgono gli zaini, iniziano a montare la tenda. Non mi va di fermarmi. Riempio la borraccia e riparto. Non troverò nessuno per strada, né in un senso né nell'altro. Il sentiero prima sale, poi scende con una pendenza molto importante in mezzo alle rocce. Faccio attenzione per non finire a valle con un solo salto.
Quando finisco la discesa, di colpo, la stanchezza mi cala addosso. Ogni passo è una pena ed inizio a parlare con il sentiero come fosse una persona. Gli dico di fare il bravo, di smettere di giocare al saliscendi, di rimanere regolare. Niente, il sentiero oggi è in vena di scherzi. Sto già iniziando a guardarmi attorno per vedere se c'è un posto per un bivacco che incrocio un inglese tutto agghindato da corsa in montagna che mi informa che mancano 20 minuti. C'è una bergerie dietro l'angolo, il rifugio è più sopra, decido di fermarmi. Sono le sei di sera, undici ore di cammino.
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