martedì 6 settembre 2011

Associazioni, nomi e dialoghi

Alessandro Baricco ha creato un personaggio che rideva a crepapelle ogni volta che leggeva i nomi dei cavalli nel giornale. E quell'attività era la sua preferita, se non addirittura l'unica.
Non sono solo i cavalli ad avere dei nomi senza moltzo senso (il mio preferito era Pocket Coffee), ci sono anche i brani jazz, soprattutto quelli strumentali. A patre quelli che tentano di descrivere a parole l'andamento della musica, tipo 'Un sasso nello stagno', 'Dissonanze'o 'Improvisation 13 en la mineur', gli altri hanno titoli un po' a caso come 'Jocker in the Village', senza contare le canzoni semplicemente identificate con un numero progressivo: semplice e diretto, anche se un po' meccanico.

Qualcosa di simile avviene con le vie d'arrampicata. Alcune hanno nomi che richiamano la tecnica necessaria per salire tipo 'Solo con i piedi', 'Zig Zag', oppure 'Appigli ridicoli', la mitica via aperta sulle dolomiti da Maurizio 'Manolo' Zanolla. Ma la maggior parte ha un nome di fantasia, spesso un po' idiota, il primo che passava per la testa del tracciatore, come 'Paglia secca', 'Prurito' o 'Perché no?'.

Ieri, in una falesia al lato del lago di Lucerna, mentre il sole stava tramontando e il cervello stava più pensando alla birra messa in fresco nell'acqua che a soffrire un altro po', ho scoperto che c'era una via che si chiamava 'Wursch und Brot' (pane e salsiccia), seguita da una che si chiamava 'Sänf' (senape). Ho deciso che avrei fatto la via senape, rimandando pane e salsiccia ad un momento migliore.

Da un paio di mesi sto usando la mezz'ora di tram per andare al lavoro per leggere libri d'arrampicata che  parlano estensivamente della paura: quella di cadere, quella di farsi male o dimorire, quella di fallire. Vincere la paura è la prima necessità di chi arrampica. Sembra che l'uomo sia l'unico animale a poter vincere la paura, a reprimere l'istinto di scappare per affrontare con razionalità un evento terrorizzante. Questa è la teoria. Nella pratica ho passato gran parte della giornata aggrappato alla roccia stringendo gli appigli più forte del necessario, con le gambe tremanti e il fiatone. Un diaologo si sviluppava silente a mezza via:

- Mente: "devi razionalizzare la paura"
- Corpo: "ma vai a cagare intellettuale del cazzo"
- Mente: "adesso mettiamo i piedi in alto e spingiamo"
- Corpo: "fallo tu se ci tieni tanto"
- Mente: "siamo solo un metro sopra al rinvio, anche se cadiamo non ci facciamo male"
- Corpo: "francamente preferisco rimanere incastrato in questa crepa"
- Mente: "ma fa caldo"
- Corpo: "chissenefrega"
- Voce fuori campo: "Francesco ci sei? Stai bene? Vuoi scendere? La può finire Andrea se non ci riesci"
- Mente: "vedi, quella poveraccia ti sta facendo sicura da mezz'ora datti una mossa!"
- Corpo: "tanto poi tocca a lei venire su e rimarrà bloccata proprio qui"
- Mente: "adesso basta! Al mio tre: uno due...tre!
[nessun movimento]
- Mente: "sei uno stronzo"
- Corpo: "guarda che è colpa tua, sei tu che sei in panico"
- Voce fuori campo: "Francesco canta questa canzone dello Zecchino d'Oro che ti rilassa: il lungo, il basso, il pacioccone..."
- Mente: "per colpa tua tutti penseranno che siamo dei cretini"
- Corpo: "io non mi preoccupo di quello che pensa la gente di me"
- Mente: "allora perchè contrai gli addominali in spiaggia?"
- Corpo: "mi hai rotto, non lo faccio per te, ma adesso vado"
[entrambi cadono di un paio di metri]
- Mente e Corpo: "ops siamo caduti"
- Mente: "e non ci siamo fatti male"
- Corpo: "dai un occhio al passaggio che ci riproviamo"
- Mente: "non sembra difficile, ci sono dei buoni piedi"
- Corpo: "allora vado"
- Mente: "io ti lascio fare, ci vediamo in cima"

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