lunedì 4 novembre 2013

Gambia


Guardando la posizione del Gambia sulla cartina geografica, si ha la conferma che la Gran Bretagna è dotata di uno spiccato senso dell’umorismo. Non si può spiegare altrimenti la decisione di colonizzare un cuneo di territorio proprio nel mezzo del Senegal, come un dito messo proprio lì. Come per il resto dell’Africa, la divisione del territorio non segue nessuna logica etnico-culturale. Il Gambia è popolato dallo stesso melting pot che si trova in Senegal, con la differenza che la lingua nazionale è l’inglese.
Mi ci vogliono pochi minuti per scoprire che Eid-al-Fitr è dietro le porte. I marciapiedi sono pieni di pecore in attesa di essere sgozzate per celebrare il gesto supremo di Abramo. Qualsiasi sia la religione, ci rimettono sempre le pecore. Quelle che vedo sul tragitto tra l’aeroporto e l’albergo non ci saranno più di qui alla settimana prossima e molte avranno fatto un lungo tragitto – venendo dalla Mauritania o il Senegal – per morire in Gambia.
In albergo, ignari di feste religiose o anche di trovarsi in una città chiamata Banjul, trovo un tipico gruppo di vacanzieri low cost. Trattasi di anziane coppie tedesche o olandesi che passano una o due settimane al caldo, rinchiusi nei recinti dell’albergo a dormire a bordo piscina. Quando se ne andranno non avranno neanche visto il mare che si trova al di là del cancello e la spiaggia larghissima e vuota. Tutto là fuori appare pericoloso e selvaggio.
La mattina presto, animato da motivazione sportiva senza precedenti, decido di fare jogging in spiaggia, scatenando l’entusiasmo di tutti quelli che mi incrociano. Passo un gruppo che gioca a calcio, altri solitari che corrono nella direzione opposta. I pescatori sono appena rientrati dalla pesca notturna e pisolano all’ombra dei barconi di legno, aspettando che passi qualcuno a comprare pesce. L’oceano è blu e l’acqua è calda, ma nessuno fa il bagno. Sono tentato di buttarmi in acqua per togliermi il sudore che ho attaccato alla pelle come uno strato di colla, ma mi fermo con l’acqua alle ginocchia. Come i turisti che non escono dall’albergo, anch’io non oso uscire dalla terra ferma. Mi tolgo la maglietta e ritorno correndo lento ed affannato a fare colazione in mezzo ai tedeschi.

Nessun commento:

Posta un commento