giovedì 29 maggio 2014

Jura di Maggio


Dopo aver scrutato il cielo come un indovino per prevedere pericoli di pioggia ed aver effettuato sondaggi telematici per adescare i compagni, ci si trova a camminare in un bosco di un verde vivo primaverile ad annusare l'odore di muschio e quello delle pietre. L'avvicinamento alla falesia è complicato; per una legge dell'arrampicata ci si perde sempre quando si va in un posto nuovo. Dagli zaini spuntano corde, scarpette e rinvii. Questa volta fa parte del gruppo anche un bambino di qualche mese, l'unico che non ansima e che al contrario dorme profondamente.
Il rituale prevede di togliersi lo zaino, mettersi l'imbrago, attaccarci i rinvii, mettersi le scarpette, attaccare la corda, osservare la parete come se fosse un'opera d'arte. E' un rituale zen, in cui ogni particolare è denso di una strana spiritualità, trasparente come l'incertezza e silenziosa come la paura.
Come una bomba atomica, l'arrampicata all'aperto ha il potere devastante di fare piazza pulita di tutte le certezze, di tutti gli sforzi, di tutte le illusioni. Uno può passare mesi ad allenarsi in palestra facendo vie difficili, magari finendole. E si finisce per convincersi che quel posto fatto di pareti sintetiche e di prese di plastica riproduca la realtà con precisione.
Poi ci si trova attaccato ad una roccia infida, un po' scivolosa, illeggibile e nemica. A differenza della palestra, nessun colore ti indica la presa da prendere e ad un primo sguardo la roccia é liscia, sembra volerti respingere. Non importa quanto facile possa essere una via, questa non sarà mai accogliente. Sarà uno specchio delle tue insicurezze, delle tue paure. Ti farà percepire l'accumularsi dell'acido lattico negli avambracci, ti stancherà le dita, ti offuscherà lo sguardo e ti farà tremare le gambe. Guarderai dove si trova l'ultimo chiodo ed avrai paura di cadere nel vuoto, anche il movimento più semplice diventerà di sasso. Finché non griderai "blocca!" al compagno annoiato all'altro capo della corda. E mentre lo dici, sai già che hai perso la battaglia, su una via in teoria banale, che avevi fatto tanto per riscaldarti.
Ma alla fine smetterai di imprecare e di autoflagellarti. Ringrazierai la roccia, perché - ancora un'altra volta - ti ha dato una lezione che vale come un'enciclopedia.

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