sabato 7 giugno 2014

Leglerhütte


A circa un'ora  a sud di Zurigo si trova il Cantone di Glarus, nella valle del fiume Linth. Si tratta di un min-cantone, conosciuto per essere uno dei più chiusi della Svizzera, non proprio il paese più aperto del mondo.
A Glarus è stata uccisa Anna Göldi, l'ultima strega d'Europa, che ha ammesso (sotto tortura) di avere fatto un patto col diavolo apparsole sotto forma di cane nero. Era l'anno 1782, la Francia avrebbe prodotto di lì a poco la Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo.
Ora Glarus appare come una landa bucolica, piena di mucche e prati. Oltre ad essere vicino a Zurigo, il Glarnerland ha il grande vantaggio di non apparire in nessuna guida turistica cinese o indiana e di essere snobbato dagli svizzeri, che prediligono l'Engadina, il Berner Oberland o il Vallese. Risultato, non c'è quasi nessuno ed il treno è riempito da una scolaresca in gita. Le bambine sedute a fianco a me cantano per tutto il tempo una filastrocca che fa più o meno così: "Shakti Shakti tac tac tac, caramelo, Angela mozzarella, Angela mozzarella, oooooh sexy bum!" (da notare che il sexy bum è accompagnato dal movimento delle anche e da uno sguardo provocatore).
Scendo a Betschwanden, prendendo un sentiero a fianco di una cascata che conosco già perché l'avevo percorso a fine estate, nell'ultima camminnata dell'anno. Come ogni volta mi ero perso, il sentiero era finito all'ultima malga ed avevo continuato a caso, finendo in mezzo a pascoli deserti. Questa volta ho letto meglio la cartina e voglio assolutamente arrivare alla Leglerhütte a 2273 metri. Mi aspettano 1673 metri di dislivello.
La giornata è splendida e il bosco è rinfrescatao dalla cascata di Diesenbach. Poco sopra vengo accolto dalle prime marmotte. Ce ne sono moltissime e se ne stanno all'entrata della loro tana a guardarti di sottecchi, per poi entrare oppure darsi ad una corsa lenta e goffa. Le trovo piuttosto grassottelle, si vede che il letargo è finito da un pezzo.
Il sentiero sale ripido e in poco tempo il bosco di dirada, lasciando spazio a genziane e bottondoro. C'è ancora qualche residuo di neve che va ad ingrossare il torrente. Arrivo ad uno spiano verdissimo, attraversato da rivoli d'acqua. Il mio passaggio spaventa un gruppo di rane che si tuffa terrorizzato nell'acqua gelata. Poco sopra c'è un lago splendido che riflette il nevaio che lo sovrasta. A partire da quel punto c'è neve dappertutto. E' comunque neve estiva, morbida e umida, non c'è bisogno di ramponi né di piccozza, solo di un po' di fatica.
Più che la salita, una volta raggiunto il rifugio, quello che mi piace è la discesa. Camminare nella neve è un vero piacere e si scende a metà sciando e a metà camminando. In pochi minuti ho fatto duecento metri di dislivello e la mia velocità relativa ha allarmato un capriolo che mi lancia un fischio e si precipita giù dalla montagna.
Scendere è sempre più difficile che salire, anche perché c'è un po' meno motivazione. Mi aspettavo male alle gambe, ma invece sono i piedi che iniziano a protestare dopo sette ore di cammino. Resisteranno fino alla stazione, contenti che sia finita, almeno per oggi.




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