Il Cairo dall’alto è una città di lego. Torri di diverse altezze – tutte sistematicamente a forma di parallelepipedo – si affastellano l’una all’altra a perdita d’occhio. Cairo non è grigia come Parigi. E’ completamente marrone, il colore die mattoni nudi. Non c’è un albero in vista, non un rettangolo di verde. Le strade scompaiono tra un edificio e l’altro.
Il Cairo dal basso è un enorme parcheggio. Le macchine sono ovunque, i marciapiedi non esistono. Uno dei lavori più diffusi è quelli del parcheggiatore. Non si tratta – come Roma – del tipo un po’ losco che scrocca qualche spicciolo per indicare un posto libero (o meglio perché il propietario ha paura che gli sfregi la carrozzeria). Qui fare il parcheggiatore abusivo è un lavoro di provata utilità pubblica, perchè si parcheggia sistematicamente in seconda e terza fila per cui c’è constante bisogno di qualcuno che sposti le macchine. Il parcheggiatore ha una borsa piena di chiavi che riconosce solo lui ed è occupatissimo. La strada gli appartiene e lo si può pagare per un giorno oppure mensilmente.
Al Cairo la notte e il giorno sono fenomeni irrilevanti, perché la città vive a tutte le ore. I clacson suonano costantemente, il traffico è eterno, la gente riempie i mercati e cammina per strada senza interruzione: quelli che tornano a casa a dormire si incontrano con quelli appena usciti per andare a lavorare.
Appena il sole scende all’orizzonte ed il caldo lascia spazio ad una brezza un po’ più fresca, l’intera popolazione del Cairo scende in strada. Visto che non ci sono parchi, la gente si siede un po’ ovunque: gli uomini a bere caffé, fumare narghilé e guardare il calcio in televisione, le donne a fare spesa, le coppiette a tenersi per mano a bordo del Nilo. Sul marciapiede, in mezzo a pedoni, moto e anche dei temerari ragazzetti con i rolleblades, c’è un’intera famiglia seduta per terra, sopra una coperta. Sta facendo il pic nic in mezzo al traffico.
Il Nilo è scuro ed è attraversato da barche piene di luci colorate. Sembrano tanti alberi di Natale semoventi. I passeggeri sono seduti ed ascoltano indifferenti musica araba sparata a tutto volume, mentre guardano i profili dei grandi alberghi del centro.
Su uno dei ponti che collegano le due rive del filme, un uomo ha parcheggiato la sua vecchia Trabant sulla destra, mentre otto corsie di macchine gli sfrecciano a fianco. Ha tirato fuori una sedia di plastica e si è seduto a prendere un po’ d’aria. Poco più in là c’è un gruppo di ragazzi che stanno ballando al suono di musica che esce da un’autoradio. La musica si sente appena, completamente coperta dal rombo dele macchine e dai clacson. Una coppia si è appena sposata ed il ponte è il posto migliore per festeggiare. Quale metafora migliore?
Di Mubarak non parlerò. Il processo continua e all’ultima seduta ci sono stati scontri tra i pro e gli anti-Mubarak. Nessuno sa cosa succederà. Le ipotesi che si leggono sui giornali sono inutili, perché mai come in questo momento fare previsioni azzeccate è come vincere alla lotteria senza neanche comprarei l biglietto. Bisogna aspettare e vedere, l’unica cosa da fare. Quello che è certo è che prima che le cose migliorino, sicuramente peggioreranno, ma gli egiziano sembrano avere uma certa abitudine al peggio (come al meglio d’altronde).
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