sabato 9 maggio 2015
La neve sul ghiaccio
Prima è il turno del tedesco, poi dell'inglese (ormai seconda lingua ufficiale), terzo arriva un francese un po' parigino, quarto un italiano abbastanza ticinese, mentre lo spagnolo è messicano. Seguono una lingua che sembra cinese (non so se mandarino o cantonese) e una che sembra indiana (probabilmente urdu). La voce della versione giapponese è altissima, quasi di bambina. Interpretando i miei dubbi mattutini, una ragazza tedesca con il logo della Lindt stampato sulla casacca mi spiega che si tratta della voce di Heidi, come nell'omonimo cartone animato giapponese.
Sono un masochista, questa non è una novità, ma alzarmi alle cinque e sciropparmi quattro ore di treno immerso in una marea di turisti asiatici è troppo anche per me, mi riprometto che questa sarà l'ultima volta. Eppure, pochi minuti dopo, quando lascio il tunnel gelido scavato all'interno della roccia per uscire sul giacciaio della Jungfrau, mi sono già dimenticato della mia decisione.
Il mare di ghiaccio riluccica sotto un sole devastante. Cammino a occhi chiusi, sento il calore sulla pelle, la neve croccante sotto gli scarponi. I turisti sono in visibilio. Siamo perfetti, nelle nostre giacche colorate e con gli sci al seguito, per delle foto ricordo. Chi non ci guarda dal mirino di una macchina fotografica ci osserva come animali allo zoo. Seguono i nostri movimenti (mettersi l'imbrago, attaccarci una vite da ghiaccio, allungare i bastoncini telescopici, mettersi la crema seolare) con l'attenzione di chi stia guardando uno spettacolo teatrale. Siamo pagati dal cantone di Berna oppure lo facciamo gratis?
Siamo pronti. La discesa fino a Konkordiaplatz, l'incrocio in cui i tre rami del ghiaccianio si incontrano, è dolce e la neve è perfetta. Mi squilla il telefono e decido di rispondere. Mentre scio per il ghiacciaio piú lungo della Svizzera ho il tempo di parlare un po' di lavoro e fissare una missione per il Gambia.
A Konkordiaplatzt prendiamo il ghiacciaio che sale verso ovest, in direzione di Hollandiahütte, il rifugio costruito con l'aiuto del club alpino olandese, per poi scendere dall'altra parte. La salita è facile facile e la discesa lungissima. Il paesaggio, beh, non ci sono parole.
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento