venerdì 28 agosto 2015
Gross Bigerhorn - Balfrin - Ulrichshorn
La Bordierhütte vince il premio mondiale per la scortesia. I due gestori - uomini baffuti e panzuti poco propensi al sorriso - ti insultano ancora prima che tu abbia messo piede dentro. Per quanto ti sforzi, fai sempre qualche imperdonabile errore: hai messo lo zaino dove vanno i ramponi, oppure la picozza dove vanno le scarpe. Se qualcuno non si attiene agli ordini perentori dei due baffuti, si passa alle vie di fatto: conviene ubbidire.
Si parte alle tre. Uno dei due baffuti ha preparato la colazione e insulta i ritardatari che si affacciano alla porta quindici minuti dopo l'ora stabilita. Io faccio parte di quelli arrivati in anticipo, accolti con un'occhiataccia perché si era detto alle tre e non alle tre meno cinque.
Il cielo stellato fa dimenticare la notte insonne, l'alzataccia e lo sguardo truce del baffuto. Anche per un ignorante del cielo come me le costellazioni appaiono chiare come in un libro di astronomia. Si cammina in silenzio, nel buio, accompagnati dalle stelle e guidati dalle lampade frontali: la direzione è est. In lontananza si vendono le cordate piú veloci, dietro le spalle quelle piú lente. In cima al Gross Bigerhorn, il cielo si tinge di rosso. Il sole sta sbocciando, proprio ora e proprio di fronte ai nostri occhi stanchi.
Sono le sei di mattina e ci aspettano ancora varie ore di camminata su roccia, neve e ghiaccio: verso sud si vede il Balfrin, poi sarà il turno dell'Ulrichshorn.
lunedì 24 agosto 2015
Tunisi oggi
La cosa piú difficile da trovare a Tunisi sono le sedi delle agenzie delle Nazioni Unite. I tassisti girano disperati per le strade ortogonali dell'orrido quartiere delle Berges du Lac costruito con soldi dei paesi del golfo alla ricerca di un indizio: una targa, una bandiera, un'insegna. Niente. La sede dell'UNSMIL, la missione delle Nazioni Unite per la Libia sembra un fortino medioevale, si entra attraverso il garage e si deve lasciare la carta d'identità prima di poter prendere l'ascensore che porta agli uffici. L'UNHCR si è spostato in un'anonima villetta immersa nel nulla di cemento che si estende attorno alla concessionaria della Ford. L'IOM ha scelto un'altrettanto anonima villetta (l'ufficio per la Tunisia) e un appartamento introvabile, poco distante (l'ufficio per la Libia). Chi volesse trovare un'ambasciata europea, invece, non avrà problemi, visto che viene avvisato da misure di sicurezza che ricordano Baghdad o Kabul. La Francia ha fatto chiudere metà centro storico, mentre l'Italia si è limitata alla strada d'accesso. L'Olanda, da sempre piuttosto discreta, ha scelto due enormi container che ospitano guardie armate e annoiate e dei grandi cavalli di frisia davanti al cancello.
Mi ricordo di quando, pochi anni fa, sono andato a un ricevimento organizzato dell'ambasciatore olandese o da suo marito (no, non è un refuso, gli olandesi riconoscono l'omossessualità dei loro ambasciatori). Era una tipica serata tunisina: calda, tranquilla e noiosissima. All'epoca il faccione da Shrek di Ben Ali appariva ad ogni angolo di strada, protetto da uno squadrone di poliziotti con i baffi.
Tutto sembra cambiato in Tunisia, eppure tutto appare come era prima. Le macchine con targhe francesi degli emigrati tunisini intasano le strade assieme a quelle dei libici (turisti o rifugiati a seconda del punto di vista). Si mangia pesce e l'aria è immersa nel profumo di fiori di gelsomino venduti ad ogni semaforo da bambini o da vecchi. Tutti sembra uguale, ma basta accende la radio per rendersi conto di quanto la rivoluzione abbia lasciato il segno. Non ci sono piú le solite tre radio, che parlavano bene del presidente senza sosta. Ora c'è una marea di musica, dibattiti, notizie sportive e programmi culturali. Ogni frequenza ronza informazioni, parole, bassi e batteria. Metà sono italiane. Le onde vengono da quel pezzo di terra che si puó intravvedere nelle giornate terse, poco piú a nord. L'Italia, un tempo un pezzo di Tunisia, oggi una terra di transito per chi vuole andarsene in Francia, o meglio ancora in Germania.
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