lunedì 24 agosto 2015

Tunisi oggi


La cosa piú difficile da trovare a Tunisi sono le sedi delle agenzie delle Nazioni Unite. I tassisti girano disperati per le strade ortogonali dell'orrido quartiere delle Berges du Lac costruito con soldi dei paesi del golfo alla ricerca di un indizio: una targa, una bandiera, un'insegna. Niente. La sede dell'UNSMIL, la missione delle Nazioni Unite per la Libia sembra un fortino medioevale, si entra attraverso il garage e si deve lasciare la carta d'identità prima di poter prendere l'ascensore che porta agli uffici. L'UNHCR si è spostato in un'anonima villetta immersa nel nulla di cemento che si estende attorno alla concessionaria della Ford. L'IOM ha scelto un'altrettanto anonima villetta (l'ufficio per la Tunisia) e un appartamento introvabile, poco distante (l'ufficio per la Libia). Chi volesse trovare un'ambasciata europea, invece, non avrà problemi, visto che viene avvisato da misure di sicurezza che ricordano Baghdad o Kabul. La Francia ha fatto chiudere metà centro storico, mentre l'Italia si è limitata alla strada d'accesso. L'Olanda, da sempre piuttosto discreta, ha scelto due enormi container che ospitano guardie armate e annoiate e dei grandi cavalli di frisia davanti al cancello.
Mi ricordo di quando, pochi anni fa, sono andato a un ricevimento organizzato dell'ambasciatore olandese o da suo marito (no, non è un refuso, gli olandesi riconoscono l'omossessualità dei loro ambasciatori). Era una tipica serata tunisina: calda, tranquilla e noiosissima. All'epoca il faccione da Shrek di Ben Ali appariva ad ogni angolo di strada, protetto da uno squadrone di poliziotti con i baffi.
Tutto sembra cambiato in Tunisia, eppure tutto appare come era prima. Le macchine con targhe francesi degli emigrati tunisini intasano le strade assieme a quelle dei libici (turisti o rifugiati a seconda del punto di vista). Si mangia pesce e l'aria è immersa nel profumo di fiori di gelsomino venduti ad ogni semaforo da bambini o da vecchi. Tutti sembra uguale, ma basta accende la radio per rendersi conto di quanto la rivoluzione abbia lasciato il segno. Non ci sono piú le solite tre radio, che parlavano bene del presidente senza sosta. Ora c'è una marea di musica, dibattiti, notizie sportive e programmi culturali. Ogni frequenza ronza informazioni, parole, bassi e batteria. Metà sono italiane. Le onde vengono da quel pezzo di terra che si puó intravvedere nelle giornate terse, poco piú a nord. L'Italia, un tempo un pezzo di Tunisia, oggi una terra di transito per chi vuole andarsene in Francia, o meglio ancora in Germania.

Nessun commento:

Posta un commento