domenica 5 giugno 2011

No Sex in the City

C'era un tempo Sex and the City, che da frivolo telefilm era diventato un mezzo di liberazione femminile. Nell'arco di qualche anno il vibratore a forma di coniglietto usato da una delle protagostiste aveva moltiplicato le vendite per mille: le donne avevano scoperto il piacere senza vergogna (e pazienza se per averlo fosse necessario un supporto meccanico).
Sex and the City ha insegnato ai maschi del mondo che le donne avevano anch'esse un desiderio, benché inesorabilmente nascosto dietro un multistrato di isteria logorroica, elemento imprescindibile quando si parla di genere femminile. Il telefilm ci aveva anche insegnato la banalità del male, l'insostenibile superficialità della tanto decantata complessità femminile. Stuoli di analiste, sessuologhe, psicologhe e femmine di ogni ordine e grado avevano benedetto e ufficializzato negli anni il ruolo sociale di Sex and the City come motore dell'emancipazione del sesso debole. Tale movimento di massa aveva fatto nascere una scintilla di speranza negli animi maschili. Qualcuno si è anche detto: non è che per caso a qualcuna non venga anche voglia di trombare?
Passati gli anni la bolla si è lentamente sgonfiata. In breve e inesorabile tempo siamo passati, quasi senza accorgercene, a una generazione molto meno spregiudicata, annoiata, che si crede matura: quella di No Sex in the City. E' dopo attento e preciso studio che la comunità scientifica è giunta alla conclusione che le proto-quarantenni hanno abbandonato il piacere come obiettivo a corto termine per abbracciare un'ideologia neo-verginale di lungo periodo. Un po' come l'Innominato che tenta di riparare ai suoi crimini passati con il fervore del buon cristiano, le appartenenti a questa nuova generazione riscoprono in tarda età il beneficio purificatore del nubilato e si dedicano anima e corpo (più la prima che il secondo) alla ricerca della felicità: l'amore puro, quello non macchiato dal vile incontrarsi di organi sessuali e liquidi organici. La donna No Sex in the City si spoglia della sua materialità terrena per abbracciare un'intensa spiritualità. Assieme alle sue simili passa ore e ore a discutere dell'amore e a sognare di ricchi principi azzurri, uomini virtuosi che sono interessati esclusivamente alla loro bellezza interiore, possibilmente completamente scevri da inutili ormoni. Alcune sognano di diventare lesbiche, per poter risolvere il problema alla radice. Ed è così che avviene la riscoperta di un'adolescenza postuma, fatta di disillusioni e patimenti, speranze e quotidiana realtà, cinismo e menopausa.
Benché ostentatamente disinteressate alla pratica, la generazione del No Sex in the City continua comunque a parlare di sesso in grande quantità, soprattutto in gruppo. Come dei veterani di guerra che parlano delle loro gesta giovanili, anche le neo-vergini si ritrovano attorno ad un tavolo (sono spesso semi-alcolizzate oltre che tabagiste incallite) ad esprimere giudizi espliciti su uomini conosciuti e sconosciuti. 
Il tutto in attesa che un altro telefilm ci dica come andrà a finire la storia.

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