venerdì 26 aprile 2013

Lusaka

 
 
Andare dal Malawi allo Zambia è come prender un ascensore temporale: si procede di trent'anni nello spazio di un volo di poche ore. Mi aspettavo una città africana e invece mi trovo praticamente in un posto a metà tra l'Africa, l'Europa e gli Stati Uniti. Il paesaggio urbano trasuda modernità, marketing e comunicazione di massa. Non ho il tempo di uscire dalla città ma immagino che l'Africa inizi là dove finisce l'ultima casa, ma l'illusione è efficace.
La mattina, facendo colazione, leggo nel giornale che una donna si è suicidata perché ha scoperto su facebook che il suo fidanzato si era sposato con un'altra donna. Sul pericolo di facebook per la salute umana non ho mai avuto dubbi, sulla fragilità umana neanche.
Di Lusaka ho visto uno stadio in costruzione, l'aeroporto e il mio albergo. C'è però da dire che mentre cenavo a lume di candela ad un tavolo tutto maschile, ho assistito ad una scena profondamente surreale ed intensa. Il gruppo che suona per i clienti, che fino a quel momento si era esibito in una performance soporifera di musica per supermercati, intona "Bella Ciao" in italiano. Guardo l'orologio e mi rendo conto che è il 25 aprile: buona resistenza a tutti.

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