martedì 26 ottobre 2010

Tappa di trasferimento

Dopo essere diventato un bastonicno Findus a causa dell'altipiano andino, mi sto lentamente scongelando a Tarija, nel sud della Bolivia che - nonostante sia a più di 2000 metri - ha un clima da primavera inoltrata da far venire i brividi (di piacere). Via la giacca a vento, via i maglioni, via ddirittura la felpa: nudi alla meta.
Non solo qui fa caldo, ma sembra di essere in Europa, o meglio in Argentina, che è poi la stessa cosa. Belle donne per strada in vestiti succinti, vino nei bar, prosciutto nei ristoranti e vecchietti che si prendono in giro seduti ai tavolini della piazza centrale bevendo birra. La giornata soleggiata (e l'albergo decente) fanno dimenticare l'ennesima piccola odissea per arrivare qui da La Paz: il bus che parte alle cinque di sera ed arriva alle undici di mattina, la fermata infinita ad Oruro a caricare trenta casse da concerto di un metro e mezzo per un metro (come siano entrate nel bagagliaio ancora non l'ho capito), la fermata alle tre di mattina per svuotare vesciche troppo piene, quella alle quattro per fa salire la mia vicina di sedile (per fortuna molto bassa e non troppo grassa), quella alle otto per rendere il propritario di un bagno pubblico miliardario nel giro di un quarto d'ora, le salite e discese vertiginose per strade sterrate attraversando minuscoli ponti traballanti, il vecchietto sdentato con la bocca piena di foglie di coca che vuole fare conversazione, i paesaggi da film western in cui mancano solo gli indiani e la diligenza, i banchi di nebbia a 4000 metri e - non dimentichiamolo - ore ed ore ininterrotte di orrida cumbia, la musica sudamericana più insopportbile dopo il reggeton.
Nessuno

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