Una donna con in spalla lo zaino più grande del mondo. Quattro inglesi burrose con i capelli rossi. Un uomo grande che tiene in braccio un cane piccolo con il muso schiacciato. Gente con il trolley, altri con valige con le ruote. Passa un pachistano con un carrello stracarico di valige. Passa una comitiva con gli sci. Ragazze in minigonna: calze nere e seduzione. Nell'aria restano sospese parole in inglese, polacco, spagnolo, napoletano come gocce che non trovano la forza di cadere a terra. La stazione centrale il due di gennaio: più che la Milano da bere sembra la Milano che non ha ancora digerito il cenone di capodanno.
Degli schermi grandi come un campo da calcio mandano scene natalizie mute e posticce: luci, gioia, shopping. Tutto è splendente, tranne il cielo (grigio) ed il pavimento (sberciato).
Vanno tutti di fretta, chi non corre muore schiacciato dalla massa. In pochi stanno fermi, ma quelli che hanno scelto il marciapiede tra il binario 8 e il binario 9 hanno l'aria divertita. "Porca troia non è possibile!", "brutti figli di puttana bastardi", "cazzo che paese di merda!". Scopro con grande stupore che nell'Italia assuefatta al declino e ipnotizzata dalla melma televisiva c'è ancora un barlume di speranza, un angolo di paese dove l'indignazione è ancora possibile. Tra il binario 8 e il binario 9 c'è l'unica macchinetta obliteratrice funzionante della stazione centrale. Ci sono persone che sono partite dal binario 1 in cerca dell'illuminazione come i re magi. Molti la guardano come un miraggio, altri con il terrore che la lucetta rossa si accenda all'improvviso facendoli cadere irrimediabilmente in uno sconforto cosmico. Altri, invece, scoppiano in lacrime di gioia quando riescono a timbrare il biglietto. Uno si inginocchia e prega. I più se ne vanno di fretta imprecando contro le donne, il tempo ed il governo.
Purtroppo il mio treno arriva e devo abbandonare la macchinetta che è diventata inaspettatamente il principale centro di socializzazione della stazione più frequentata d'Italia, nel periodo più frequentato dell'anno. Quella macchinetta è l'unico posto in cui la vecchietta impellicciata ringrazia con un sorriso a ottanta denti il senegalese clandestino per averla aiutata a sopravvivere alla feroce rivalità della famiglia milanese con gatto persiano al seguito comodamente accoccolato in una gabbia rosa. La macchinetta ha fatto il miracolo. Il razzismo è diventato tolleranza, forse con un po' di pazienza l'acqua si tramuterà in vino ed il pane in cheesburger.
La macchinetta ci salverà (o forse ci ha già salvato).
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