Dominik Strauss-Khan non è più un violentatore. E' solo un fedifrago come ce ne sono tanti, al potere e no. La sua vicenda è stata un feuilletton, un'enciclopedia del gossip e un caso socio-antropologico. Ho letto articoli su DSK in vari giornali, francesi, italiani, americani. A parte gli articoli di cronaca che riportavano tutti esattamente le stesse informazioni, gli altri - gli editoriali per intenderci - si dividevano in due categorie. Uno si aspetterebbe che - essendo DSK un socialista - le due categorie fossero politiche, per esempio: la sinistra lo difende e la destra lo attacca. Invece no. Oltrepassando barriere culturali, economiche, sociali e ideologiche si è arrivati dritti dritti a un bel "donne contro uomini". Con le prime che si sono lanciate in veementi anatemi non solo contro DSK, ma anche contro coloro che avanzavano il principio di innocenza (una ridicola scusa secondo loro) e i secondi che - contro ogni senso del pudore - dicevano più o meno velatamente un "ma che sarà mai!".
La polarizzazione delle opinioni a seconda del sesso è stata tale da offuscare quel minimo di lucidità che contraddistingue quasi sempre gli intellettuali francesi e americani (degli italiani non parlo perché non esistono). I giornalisti non scrivevano più con la testa, ma con la pancia, o meglio con i genitali. La loro identificazione con la presunta vittima o con il presunto aggressore, per quanto mascherata da figure retoriche e riferimenti colti, era totale, quasi infantile. La maggior parte degli uomini sa cosa sia il desiderio e la frustrazione sessuale, mentre la maggior parte delle donne ha sperimentato - da vicino o da lontano - la violenza maschile.
In fondo siamo tutti porci e tutte frigide.
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