¨Tu hai la faccia da israeliano¨ mi dice con estremo senso della fisionomia un tipo che cammina ballonzolando tentando di convincermi ad andare in un albergo che conosce lui (il migliore chiaramente). Poi si corregge: spagnolo. Fuochino. Italiano. Bingo! Siamo ormai in confidenza e mi dice che ho la faccia di chi fuma spinelli. Ha chiaramente un innato senso del complimento. Poi diventiamo amici per la pelle e mi confida che fuma crack, ma solo ogni tanto. Apre la bocca e mi fa vedere un piccolo involto con il crack e sorride. Lo tiene in bocca cosí che se viene fermato dalla polizia lo puó ingoiare e non farsi beccare.
Salavdor de Bahia, la cittá piú vibrante, rumorosa, povera e pericolosa del Brasile. Qui la polizia ti dice di non continuare a camminare per strada perché non é sicuro. Gli stessi turisti brasiliani camminano in gruppo come se fossero in territorio nemico, per non parlare di alcuni stranieri che la sera si barricano in albergo come se in giro ci fossero dei lupi mannari.
Sabato sera
Pelourinho, il luogo dove venivano frustati gli schiavi, ora centro storico. In un locale rettangolare in cui non c´é nientre tranne una finestra da cui escono bottiglie di birra, un gruppo di samba sta suonando. La gente balla e beve, beve e balla. Qualcuno mi pizzica i fianchi, qualcuno vuole fare conoscenza. E´ S., vestito rosso e wonderbra. Voglio ballare? Parlare? Le offro una birra? Due? Devo andare al bagno? Mi puó baciare? Meglio un´altra birra. Nel frattempo un tipo mingherlino in ciabatte riempie il suo bicchiere da tutte le bottiglie e lattine di birra del tavolo. Sta bevendo a scrocco da ore e sta ballando con una donna che deve pesare il triplo di lui. Mentre S. ritenta con la fortuna, il mio vicino inizia a parlarmi in italiano. Lui é stato a Brescia e ne sembra uscito un po´scioccato. Mi chiede, con domanda retorica giustificata solo dalle dieci birre che si é bevuto: ¨perché in Italia ci sono i soldi e la gente é triste e qui non ci sono e la gente é felice?¨. Non rispondo, ma tentando qualche passo di samba (due passi a destra e due a sinistra, girando il piede all´infuori, questa sembra sia la tecnica) rimugino sulla questione. Forse alla fin fin in Italia non ci sono poi tanti soldi oppure in Brasile c´é allegria ma non felicitá, o il contrario. Vengo distratto da un uomo scalzo, con la barba lunga, che sta raccattando tutte le lattine vuote. E´ in competizione con una donna bassa, magra e anche lei scalza. Visto quello che la gente beve c´é comunque spazio per due nel settore del riciclaggio dell´alluminio. S. torna alla carica, le piacciono i miei occhi, mentre il mio vicino continua con la sua esperienza italiana (é stato anche a Vicenza ma penso preferisca Alactraz al Triveneto). Mi presenta le sue due colleghe, mentre S. fa il broncio perché mi considera ¨suo¨. Le ¨colleghe¨ ballano e si fanno rimorchiare. Io dopo un po´saluto tutti e me ne vado a letto tra l´incredulitá del mio vicino, di S. e di un paio di altre ragazze in lista d´attesa.
Boneca
In Brasiile c´é una facoltá di teatro. La metá degli studenti sono gay. A Salvador in questo momento c´é un festival di teatro e anche la gay parade. Due piccioni con una fava. Il gruppo che sta camminando veso la gay parade é composto di teatranti. Il mio fascino esotico é talmente prorompente che quando la parola ¨eterosessuale¨ esce dalle mie labbra un vero e proprio grido di dolore si eleva verso il cielo. La cosa non sembra comunque farli desistere dal tentare con il proselitismo (non si sa mai, magari cambio idea).
In praça Campo Grande si sta riunendo la folla: camion con altoparlanti, venditori di birra, fotografi di giornali online. C´é anche una coppia israeliana che sta nello stesso ostello del gruppo degli studenti di teatro. Iniziamo a parlare e scopro che lui é un avvocato che difende palestinesi arrestati da Israele. Abbiamo un paio di conoscenze in comune tra le associazioni di diritti umani e mi aggiorna sugli ultimi avvenimenti, tra cui la nascita di un bambino. Mentre parliamo passa un ragazzo a petto nudo con due ali argentate sulla schiena. Il resto é musica a volume allucinante, un mare di gente e pioggia torrenziale.
La chiesa
Ci sono piú di duecento chiese a Salvador. Quelle nel Pelourinho, il centro storico, sono stupende e attirano qualche turista svogliato. Le altre sono vissute. Ce n´é una che riesce in entrambe le cose. Su una piccola collina che sovrasta il mare, Nosso Senhor de Bomfim é una chiesa barocca alla periferia della cittá. Alla messa del martedí mattina, alle undici e un quarto, i banchi sono pieni. L´omelia é appena finita e un musicista sta cantando al microfono una canzone religiosa suonando su un ritnmo di bossa nova. Prima della fine, il prete fa gli annunci sulle prossime messe e sulle confesisoni, chiede quanti vogliono confessarsi e quattro o cinque mani si alzano dalla navata. Poi il chitarrista intona ¨tanti auguri a te¨ per qualcuno che ha appena compiuto gli anni, per poi riprendere di nuovo la bossa nova. La messa é finita e una parte della gente si avvia verso l´uscita, mentre altri si avvicinano al prete che sta benedicendo i fedeli con l´acqua santa. Una donna in fila dietro agli altri ha le mani alzate e balla al ritmo della musica.
Nella stanza al lato dell´altare sono appesi al soffitto dei piedi, delle mani, delle teste, dei cuori, fegati, reni e quelli che mi sembrano dei seni. Tutti gli organi sono di plastica. Alle pareti centinaia di foto ricordano la grazia ricevuta. Ci sono quelle di studenti universitari raggianti che hanno conscluso gli studi grazie all´aiuto divino (meglio del CEPU!), a fianco a foto di macchine (non é chiaro se si ringrazia per l´acquisto o si chiede un´assicurazione addizionale contro i sinistri). Le piú numerose sono foto di gambe ingessate, nasi rotti, piaghe, ferite, bruciature, persone in letti d´ospedale. E poi centinaia di foto tessera, incollate una affianco all´altra: giovani, vecchi, adulti, come in un´enorme collezione di facebook.
Nella stanza al lato dell´altare sono appesi al soffitto dei piedi, delle mani, delle teste, dei cuori, fegati, reni e quelli che mi sembrano dei seni. Tutti gli organi sono di plastica. Alle pareti centinaia di foto ricordano la grazia ricevuta. Ci sono quelle di studenti universitari raggianti che hanno conscluso gli studi grazie all´aiuto divino (meglio del CEPU!), a fianco a foto di macchine (non é chiaro se si ringrazia per l´acquisto o si chiede un´assicurazione addizionale contro i sinistri). Le piú numerose sono foto di gambe ingessate, nasi rotti, piaghe, ferite, bruciature, persone in letti d´ospedale. E poi centinaia di foto tessera, incollate una affianco all´altra: giovani, vecchi, adulti, come in un´enorme collezione di facebook.
La domenica
I figli di Gandhy non sono una comune indo-buddista, né un´organizzazione di idealisti pratici. Os Filhos de Gandhy é il bloque de samba piú conosciuto di Salvador de Bahia, una vera e propria istituzione che mischia percussioni, danza e condomblé, la religione sincretica animista d´origine africana. La domenica pomeriggio, verso le quattro, i tamburi iniziano a suonare in un seminterrato del centro di Salvador. Il ritmo é lento e ripetitivo. Dei cantanti si alternano al microfono, la gente balla (gli uomini in mezzo, girando a cerchio, le donne ai lati). C´é gente di tutte le etá, magliette degli ACDC, sandali di cuoio, scarpe da ginnastica, treccine, capelli rasta, pance pronunciate, minigonne. La musica va avanti per tutto il pomeriggio. Ogni tanto si fa piú forte e intensa, suonano due trombettisti, poi ritorna a ritmi piú bassi. I percussionisti sudano, i cantanti sudano, la gente balla e suda. Impossibile rimanere con i piedi fermi. Sembra di essere in Angola, in Mali, in Senegal. Ci sono solo pelli scure tutto attorno ed il paradosso é che in questo angolo d´Africa trapiantato in America Latina, l´unico che in Africa ci ha effettivamente vissuto - il piú bianco, scoordinato e impacciato di tutti - sono probabilmente io.
Mendicanti
Nel centro di Salvador é impossibile camminare cinquecento metri senza essere fermati da un venditore ambulante, un mendicante, o un ¨amigo amigo que precisa você?¨. La domenica sera, quando la polizia si dirada per le strade, i mendicanti si moltiplicano. Una prostituta specializzata in italiani mi abborda mentre sto comprando uno spiedino di carne. Mi segue per un po´. Perché non voglio parlare con lei? Boh forse saró timido, chi lo sa? Viene rimpiazzata da un ragazzino con i capelli elettrizzati e lo sguardo spiritato (a occhio e croce direi strafatto di crack). Non demorde. Obrigado não preciso de nada. Niente, continua. Cambio strada, mi segue. Vattene! Glielo dico in varie lingue anche se i gesti sono sufficientemente espliciti.
Meninos de Rua sono i bambini di strada. Per una vita ho letto articoli, guardato documentari, seguito il problema. Ora, invece di una vittima di un sistema disfunzionale i cui diritti sono violati e abusati, vedo solo un gran rompiballe di cui disfarmi al piú presto. Oltre che la noia di trattare male qualcuno mi ritrovo a sentirmi in colpa. Torno in albergo con un senso di sconfitta addosso. Usciró il lunedí, quando la polizia torna in strada per proteggere gente come me.
Martedí
Il martedí, tanto per cambiare, nel Pelourinho si balla. Ci sono un paio di concerti a distanza di trecento metri l´uno dall´altro: musica tropicale e musica pop brasiliana, con qualche accento di samba. Uomini brasiliani a caccia di donne straniere e donne straniere in speranza e attesa di essere cacciate. Alle nove, in una strada laterale, iniziano a riunirsi delle persone. Arrivano i tamburi: grandi, piccoli, medi. Saranno una ventina i percussionisti. Quando muovono le braccia un tuono si abbatte su Salvador: dieci, cento, mille battiti al secondo. I percussionisti iniziano a camminare e dietro di loro iniziano a ballare dei ragazzi: pelle nera e fisico da divinitá greche. Poi si aggiunge una spagnola, un paio di svedesi, un´argentina. Le pelli sono bianche, i capelli biondi, ballano anche bene. Attorno una piccola folla segue il gruppo, chi con in mano una macchina fotografica e chi con le mani sulle orecchie (fanno un casino mostruoso). Si scende la strada, si passa per la piazza, si risale la strada principale che di giorno é stracolma di turisti: tum, tin, tan, ta ta ta, tric, tu tum, tac tic tac, trututum, sembra che il cielo ti stia cadendo addosso.
Poi il silenzio. I percussionisti, cosí come sono venuti, scompaiono. Si disperdono in mille rivoli, voltando per le stradine laterali, quelle con i buchi, gli edifici cadenti, le baracche, i bar con i tavoli di plastica, la porta aperta e note si samba. Tornano a casa.
Jorge Amado
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