mercoledì 14 aprile 2010

Atitlan-Nebaj

Non so se sia perche' ho scelto come compagno di viaggio un romazo di Kafka, ma sta avvenendo in me una metamorfosi. La barba sta crescendo, l'igiene personale sta diminuendo, la preoccupazione per quello che indosso e' minima. Corollario di questa trasformazione e' una crescente noncuranza per tutto cio' che normalmente troverei irritante. Ritardi, trasporti lenti e sovraffollati, inefficienze e anche i piccoli tentativi di "fregare il turista", invece di innervosirmi, diventano familiari e addirittura piacevoli. Il tempo rallenta. Arrivare un'ora dopo o il giorno dopo fa poca differenza.
Ho deciso di lasciare la strada piu' battuta dai turisti andando verso nord attraverso la zona del Quiche' e dell'Ixtil, passando per Nebaj dove mi fermero' un paio di giorni a camminare nelle montagne. Per arrivare a Nebaj ho cambiato quattro minibus tutti con 14 posti a sedere e tutti con il doppio esatto di occupanti. Il paragone con delle sardine in scatola e' inadeguato perche' nelle scatole di sardine c'e' anche spazio per un po' d'olio. Prezzo medio di un tragitto di 30 minuti: 50 centesimi di euro (aria condizionata esclusa).
Prima mini-tappa Chichicastenango, famosa per il suo mercato bisettimanale (come Castelfranco). Non essendo giorno di mercato, ho girovagato distrattamente con i miei due zaini (quello grande dietro, quello piccolo davanti) suscitando qualche sguardo incuriosito ma discreto della gente. Chichi e' una cittadina con stradine di porfido in cui c'e' una stupenda chiesa del '500 in cui il cattolicesimo si fonde alla religiosita' maya in maniera indissolubile: le scale che portano all'entrata rapresentano le piramidi, Maria diventa la Luna, mentre Dio rappresenta la terra. Vicino alla porta, un chuchkajaue (persona che dirige la preghiera) sparge incenso recitando preghiere in lingua maya. All'interno della chiesa l'incenso crea una nebbiolina da cui appaiono figure genuflesse che si muovono con movimenti rapidi lungo la navata centrale verso l'altare. C'e' un silenzio irreale.
Seconda mini-tappa di giornata e' Quiche', citta' piu' movimentata, con un parque central carino e vivace, vicino al quale ho comprato sei banane per 30 centesimi di euro. La Terminal, la stazione da cui partono i bus pubblici e i minibus piu' veloci e scavezzacollo e' invece un piazzale polveroso in cui ho mangiato il peggior pasto da quando sono in Guatemala: carne al cautchu con un po' di riso freddo e una salsa non precisata.
La strada verso Nebaj e' una continua curva che l'autista prende alla massima velocita' possibile, evitando accuratamente di usare i freni. La strada sale senza sosta e si ha l'impressione di toccare il cielo. Un incidente ci rallenta il passo, ma l'autista decide di rischiare sospensioni e trasmissione salendo sul ciglio della strada, per l'orrore di due donne dominicane venute a trovare la figlia/nipote che fa la volontaria nella zona. La strada passa per piccoli agglomerati di case di contadini. Su alcune di queste e' disegnata una mano che fa il segno delle tre dita. L'acronimo che le accompagna e' FGR, il partito dell'ex-presidente Rios Mott durante la cui presidenza migliaia di persone, in maggioranza indios sono state uccise. La volontaria mi spiega che le case vengono date gratis in cambio del voto. Rios Mott e' ancora in parlamento.
Arrivo a Nebaj con freddo e pioggia. Anche qui la chiesa e' splendida, ornata di pizzi che scendono dal soffitto. Tempo di riposarsi.
Sardina Jones

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