giovedì 29 aprile 2010

Da Guate a Copan

Io non mi sento italiano, ma per fortuna o purtroppo lo sono. Mancava questa canzone di Giorgio Gaber dalla playlist durante la bella cena a casa di Flora e Paolino di ieri sera. Sei espatriati italiani che fanno un'anamnesi delle malattie croniche della sinistra italiana e fanno a gara a chi analizza meglio cause e concause del declino socio-politico dell'Italia degli ultimi vent'anni, con venature filosofiche e vagamente nostalgiche e un po' di caciara italica. La discussione confluisce naturalmente verso i commenti per la qualificazione dell'Inter, che ha giocato nel piu' puro stile catenacciaro pur non avendo neanche un giocatore italiano.
La mattina dopo sveglia all'alba e partenza verso Copan, Honduras. Il viaggio e' un piccolo calvario tra bus fatiscenti e minibus sovraffollati. Sconsiglio ai tutti i viaggiatori la compagnia Rutas Orientales, che oltre a partire in ritardo, raccoglie gente praticamente casa per casa. Cercando di distrarmi ascoltando un po' della mia musica, vedo passare decine di camion con insegne della Dole e della Chiquita, eredita' della guerra delle banane che ha portato la United Fruit Company e la CIA a fare un colpo di stato negli anni sessanta. Tento di sonnecchiare ma c'e' molto movimento sul bus. Prima sale un venditore di un te' miracoloso che cura nell'ordine: l'artrite, le malattine cardiovascolari, le infezioni urinarie, i dolori mestruali, il mal di testa, la gastrite e - non poteva mancare - previene il cancro (se lo sa Berlusconi lo fa ministro). Sceso il ciarlatano, sale un predicatore che estrae una consunta bibbia da combattimento e comincia a farneticare sulla fine del mondo nel 2012 che potrebbe anche essere anticipata se Gesu' lo decidesse, magari anche domani. Seguo a sprazzi i vaticini e mi sembra di capire che ce l'abbia con gli omosessuali e con i depravati di ogni genere, proponendo come unica via di salvezza "la palabra", la parola, senza specificare quale. Cita anche passi di San Matteo e - chiaramente - dell'apocalisse, poi se ne va lasciandoci in pace. In compenso l'autista accende una radio evangelica che sputa minacce contro i peccatori come fosse un lama.
Dopo varie ore e cambi di bus, arrivo alla frontiera con l'Honduras, che e' una casetta condivisa dai doganieri dei due paesi. Il visto d'uscita dal Guatemala mi costa un euro, mentre quello d'entrata per l'Honduras ben tre dollari. Dall'altra parte della barriera mi aspetta l'ennesimo minibus. Mi rendo conto che in tutta la giornata non ho visto neanche un turista.
Copan e' un paesino-cartolina, con le strade di selciato e qualche alberghetto e ristorantino. Domani visita al sito archeologico.
Anima salva

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