mercoledì 1 settembre 2010

Amazzonia

Piú che ¨Cuore di Tenebra¨, la cittá di Manaus sembra l´intestino crasso dell´Amazzonia. Una jungla di cemento e asfalto, un milione e mezzo di abitanti nel mezzo del nulla, collegati con il mondo da un fiume, con la prima strada connessa al resto del Brasile a quattro giorni di navigazione. Per quanto brutta, sporca e cattiva, Manaus é il passaggio obbligato per tutte le merci che dall´Ecuador e il Peru devono arrivare alla costa atlantica e per tutti i turisti che vogliano assaggiare il gusto della selva.
¨Qui le donne non sono solo belle, ma anche facili¨ mi urla in spagnolo tra raffiche di vento, guidando a 120 all´ora per le strade deserte di mezzanotte, un uomo dal forte accento argentino. E´ il fratello del padrone di Manaus Suites, un albergo che di chic ha solo il nome. ¨In Argentina sono belle, ma é come guardare Playboy¨. L´uomo parla a raffica e sembra insensibile alla mia faccia da sonno, prodotto di scarto di sei ore di bus e quattro di aereo. Per fortuna dopo avermi spiegato ¨ïl come si fa nella vita¨ parcheggia in una strada desolata, di fronte ad un edificio grigio e scrostato. Benvenuto nel centro di Manaus. La stanza é decente, anche se emana una sensazione di sciatta decadenza. Le finestre sono di cartta velina. Sembra di dormire in strada. Poche ore di sonno e, la mattina presto, la luce del sole ha il potere magico di cambiare la cittá: il centro si riempie, la gente cammina per strada, la cittá si anima.
Grazie alla perfetta (dis)organizzazione brasiliana (non si puó essere allo stesso tempo sempre rilassati e sempre efficienti), l´ora di partenza é stata spostata dalle 7.30 alle 8.30. Mi informa della cosa un personaggio a metá tra il matto di paese ed il serial killer che mi urla ¨erro¨ ¨erro¨ (pronuncia ehho, che vuol dire appunto errore). Dopo vari tentativi (il suo cellulare non ha credito, quello di un passante non funziona e il telefono pubblico nemmeno) mi passa al telefono un uomo che parla spagnolo e inglese, ma in compenso non sa come mi chiamo, da dove vengo e che tour ho prenotato. Manaus é uno di quei posti insopportabili dove il viaggiatore non é piú un essere umano e diventa un pacco postale da caricare su una barca. Aspetto le 8.30 seduto sul marciapiede. Il guardiano dell´immobile mi consiglia di entrare nell´androne perché ho scelto il posto preferito da tutti gli aggressori della cittá. Verso le 8.45 arriva una donna sulla sessantina che conosce il mio nome e mi dice di seguirla. Dopo cinquanta metri mi dice di aspettare un uomo olandese. Passa gente che va e che viene. Passano bus, macchine, camion. Dopo mezz´ora appaiono due brasiliani zainati, una coppia americana ed il famoso olandese che ha la faccia da maniaco e che ci accompagna al porto fluviale.
Il Rio delle Amazzoni é un fiume che sembra un mare, nero come il petrolio. C´é traffico di ogni tipo d´imbracazione: c´é la nave mercantile che trasporta centinaia di containers arrivata dal mare, c´é la piccola lancia con il motore attaccato ad una pertica che fa un rumore d´inferno ma va pianissimo e ci sono dei barconi fluviali attraccati uno a fianco all´altro. Ne parte uno per Iquitos, Peru, stracarico di gente. Il ponte é un arlecchino di colori. Sono le amache di quelli che non hanno cabina e che dormono uno sopra l´altro come tanti pipistrelli. Arriveranno a destinazione tra vari giorni e hanno probabilmente portato con sé abbondanti riserve di cachaça.
Poco ad est di Manaus, il Rio Negro che viene dalla Colombia (3000 km piú a monte) e il Rio Solimões che viene dall´Ecauador (7000 km) si danno appuntamento. Il primo é nero, caldo e lento. Il secondo é beige chiaro, piú veloce e piú freddo. Quando si congiungono rimangono appaiati e separati nello stesso letto, scorrendo per molti chilometri senza mischiarsi: il bianco ed il nero, come un gigantesco biscotto Ringo. Vicino all´incontro delle acque c´é una laguna che durante la stagione delle piogge é connessa al fiume (il livello varia di una decina di metri a seconda della stagione). Sulla superficie dell´acqua immobile galleggiano delle enormi foglie di ninfea dai bordi rialzati che sembrano delle teglie da crostata dal diametro di un paio di metri. Un movimento repentino dell´acqua ci dice che c´é un uccello in meno in Amazzonia ed un coccodrillo piú sazio.
Si riparte in direzione ovest, lasciando indietro i brutti edifici di Manaus. Le sponde tornano ad essere verdi, c´é solo acqua, cielo ed alberi. In una piccola insenatura appare una casa galleggiante che si appoggia a dei tronchi che hanno iniziato a marcire. E´ il nostro ¨lodge¨ che si approvvisiona di acqua dal fiume e non ha energia elettrica. Qualche avventore in costume fa il bagno, altri aspettano di mangiare, mentre iniziano le tipiche conversazioni da viaggio (quando sei arrivato, quando parti, dove sei stato, cosa fai, etc...).
Nel pomeriggio c´é la prima di una serie di ¨attivitá¨: la pesca al piranha. Se uno dovesse avere bisogno nella vita di sentirsi un vero idiota, consiglio vivamente di passare un´ora con una canna di bambú in mano, con un pezzo di carne attaccato all´amo. Piú che un pescatore sono un vero benefattore perché i piranha si mangiano mezzo chilo di carne senza abboccare una volta. Gli altri compagni di sventura non fanno di meglio. Per fortuna il supplizio finisce e si torna al lodge tra le farneticazioni di Nick, la pseudo-guida americana con la faccia da surfista che - negli intervalli di monologhi fricchettoni sull´energia negativa sprigionata dalle uova (sic!) - traduce in modo approssimativo le spiegazioni in portoghese del barcaiolo. Per fortuna il tramonto non ha bisogno di commenti. Mentre la barca galleggia silenziosa in mezzo al Rio Negro aspettando che il cerchio rosso fuoco si immerga nell´acqua, anche il logorroico Nick tace. Riprende a parlare dopo cena, quando ci imbarchiamo per la caccia al caimano, senza sapere ancora se questo emani energia positiva o negativa. Di caimano non se ne vede mezzo, in compenso il giro in piroga tra gli alberi ed i canali strettissimi, tra i rumori della notte é un vero spettacolo della natura. Di ritorno al lodge tutti a nanna: chi in una specie di stanza dalle pareti di legno e chi - come me - in amaca, sperando nella clemenza delle zanzare.
L´alba in Amazzonia é forse ancora piú bella del tramonto. Il sole si annuncia colorando il cielo di rosso mentre dei delfini di fiume affiorano in superficie per scomparire sott´acqua. Nessun quadro o foto puó riprodurre la sensazione di pienezza che emana, una sensazione che ci si porta dietro per tutto il giorno. Il resto della mattinata prevede una camminata nella foresta. Horny, la guida locale, cammina davanti a tutti con un machete. Quando trova una pianta che lo interessa si ferma per farci assaggiare un frutto, costruire una trombetta o spiegare un utilizzo farmaceutico. Scopro che Vick é il nome di un albero dalle proprietá balsamiche che é all´origine del Vick Vaporub che tanto odiavo da bambino. Horny apre anche delle specie di noci da cui estrae un grosso verme bianco che si puó mangiare. Vesto i panni di Indiana Jones e lo assaggio. Non é male, ha un gusto tra il cocco e la mandorla, anche se fa un po´schifo schiacciarlo tra i denti.
Nel pomeriggio i spostiamo in barca per passare la notte nella foresta. Detto cosí sembra molto romantico. Nella realtá sbarchiamo in un posto, camminiamo due minuti ed aspettiamo un´ora che il pollo si cuocia sulla brace, prima di andare a dormire nell´amaca. I componenti della spedizione sono - oltre a me - i due brasiliani che sembrano bavaresi (i brasiliani del sud sono quasi tutti di origine tedesca o italiana), Hema, una malesiana di origine tamil che viveva a Londra e si trasferirá a Sidney e Amedeo, studente ticinese di medicina in vacanza-studio. Durante la notte Charles, il brasiliano piú grosso, si incarica dell´indesiderata colonna sonora notturna, mentre Hema si gira e rigira nella sua amaca e - nonostante i suoi veni chili scarsi - fa tremare tutta la struttura di tronchi a cui siamo appesi come se ci fosse un terremoto.
Il pranzo del terzo giorno conferma i sospetti maturati in precedenza: la virtú principale della cuoca del lodge non é la fantasia. I pasti sono tutti i giorni totalmente identici, con l´unica differenza che si mangia pesce a pranzo e pollo a cena. In compenso scopro che Nick ha un talento musicale che sfodera in presenza di ragazze. L´unico problema é che quando suona si ha l´ínvincibile istinto di prendergli la chitarra e trasformarla in una zattera. Il meglio del suo talento, Nick lo riserva per le serate di cielo stellato, quando lo si sente urlare a squardciagola dal centro del fiume, a beneficio dei malcapitati che hanno accettato il giro in barca notturno accompagnato da serenata folk. Anche con tale inquinamento acustico il cielo di notte é uno spettacolo da lasciare senza fiato. Si vede la via lattea e le stelle piú luminose si riflettono nell´acqua piattissima del rio. Sono stelle diverse quelle dell´emisfero australe. Nonostante Amedeo tenti disperatamente di trovare la Croce del Sud, mi devo accontentare di Venere e di un altro milione di stelle e pianeti sconosciuti.
Il lodge é un vero porto di fiume: persone vanno, altre vengono. Partono i due tedesco-brasiliani, carichi come muli nonostante rimangano in giro solo una settimana, arrivano due ragazze di São Paulo che risvegliano l´attivismo da anni sopito delle guide e dei barcaioli. Invce di passare il tempo a dormicchiare come sempre si riscoprono grandi nuotatori, cacciatori di caimani (effettivamente al secondo tentativo ne catturano uno) e grandi conversatori (con scarsi risultati perché il portoghese che parlano é quasi incomprensibile). Arrivano anche due australiani che sono in Brasile per studiare la capoeira, l´arte marziale tipica di bahia e del nord est. Nell´Amazzonia si danno al farniente e si uniscono ad Amedeo e a me nell´antica arte della produzione di caipirinha calda, con cachaça comprata ad un baracchino sul fiume e limoni sottratti piú o meno lecitamente al lodge. Per due giorni passiamo la mattinata tra le isole e i canali del Rio Negro alla ricerca di uccelli ed altri animali (la leggenda narra che ci siano dei bradipi). Nel pomeriggio e alla sera ci dedichiamo invece al bere e alle carte, come la vera gente del porto, lasciando scorrere il tempo al ritmo lento dell´acqua del fiume.
Gesú Bambino

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