giovedì 9 settembre 2010

Jericocoara (o la spiaggia piú bella del Brasile)

A Jericocoara - che significa coccodrillo sulla spiaggia - sembra di essere alle Galapagos. Invece dei leoni marini e delle iguane si puó osservare il rituale dell´accoppiamento (o quantomeno il tentativo) dell´homo sapiens sapiens, il primate con meno senso del ridicolo.
Jericocoara é considerata, e a ragione, una delle spiaggie piú belle del paese, isolata in mezzo a dune di sabbia bianca che la rendono remota, misteriosa e di difficile accesso. La sera, a camminare in infradito per le vie coperte di sabbia, un´umanitá abbronzata e epicurea si scola decine di caipirinhe tra la chitarra di un cantante contrattato da un bar e i bassi esagerati di un locale il cui proprietario non sembra capire che la musica tecno non é la preferita dal popolo della notte. Sullo sfondo l´oceano atlantico che si alza e si abbassa con il ritmo delle maree, sovrastato da una coperta di stelle e da una piccola luna quasi invisibile a forma di falce.
La gente parla e si guarda. Ci sono tre categorie di persone. I turisti brasiliani sono i piú numerosi e i piú rumorosi. Si muovono in gruppo o al massimo in coppia. La solitudine non é ammessa. Ci sono poi i turisti stranieri, italiani e francesi in testa, oltre a qualche surfista iperproteico il cui fascino é interamente racchiuso nei tre chili di gel che ha in testa. E´gente che rimane in Brasile per due o tre settimane, mangia pesce e non sa cosa sia uno zaino. I backpackers sono rari (ne ho contati tre, compreso me) e anche guardati con un po´ di diffidenza (chi viaggia per troppo tempo deve essere strano, magari anche comunista). Infine ci sono gli stranieri locali, quelli che che hanno lasciato armi e bagagli e hanno aperto una pousada o un ristorante. C´é una spagnola (pardon catalana) trapiantata da cinque anni che si dá alla capoeira, un italiano che é qui da otto, un´inglesona maestra di kitesurf arrivata da qualche mese. Formano una piccola comunitá che non é né di qua né di lá: e poi verso sera li vedi, tutti a caccia una donna e via, e attraversano la notte a piedi per scacciare la malinconia.
A Jericocoara c´é un appuntamento fisso. Verso le cinque di sera, uno sciame di persone si incammina sulla duna che sovrasta il paese come in una scena biblica. Non ci sono vitelli dorati, né mitomani che tentano di far sgorgare l´acqua dal deserto. E´ il pô de sol, il tramonto. Chi fosse in cerca di un po´di romanticismo é pregato di tornare durante la bassa stagione. In questo periodo guardare il tramonto significa soprattutto farsi fotografare in posa, possibilmente cone le mani aperte (lei) oppure saltando sulla sabbia (lui). Sfidando un vento micidiale che spara in faccia raffiche di granelli di sabbia come fossero proiettili, centinaia di persone guardano verso ovest il cerchio farsi rosso e scomparire. Poi riprende la transumanza (i piú coraggiosi buttandosi giú dalla duna, i piú saggi camminando per la parte meno ripida) verso la spiaggia dove inizia la roda di capoeira tra percussioni, canti e battiti di mano. In mezzo ad un cerchio di gente i ballerini-lottatori saltano, fanno acrobazie e atterrano in un fazzoletto di terra. Volano granelli di sabbia, ma miracolosamente nessuno del pubblico viene colpito in piena faccia da una pedata. Non é chiaro se sia fortuna o estrema abilitá (probabilmente entrambe).
Evolutionist

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