giovedì 30 settembre 2010

Tensione superficiale

La città è inmbandierata, la televisione trasmette discorsi ufficiali, c'è gente per le strade: la banda, le majorettes, militari in uniforme, studenti, famiglie vestite a festa. I politici in giacca e cravatta, con i ventri enormi fasciati da bandiere bianche e verdi ostentando sorrisi e aria bonaria. Tutte le persone sul palco ufficiale, con i loro orologi, occhiali, orecchini e collane sembrano uscite direttamente da un quadro dai colori pastello di Botero. I discorsi sono da repertorio: la grandezza del popolo cruzeño, la fede, il futuro. I giornali locali sono usciti con un inserto speciale dedicato ai cittadini illustri del passato e del presente. Da citare il rallysta degli anni cinquanta arrivato tredicesimo al rally Londra-Messico e il giocatore di squash attualmente terzo nel ranking mondiale.
E' il bicentenario della "liberazione" di Santa Cruz, la città più grande della Bolivia. In ogni stato latinoamericano c'è una città che si arroga il titolo di città liberata prima delle altre (l'indipendenza della Bolivia è di 15 anni dopo), di solito una città che si sente diversa. Santa Cruz è la Milano o la Barcellona della Bolivia (ad occhio non si direbbe, ma è tutto relativo). E' la città che si sente ricca, economicamente dinamica, in una regione di esportazione di prodotti agricoli, minerari e idrocarburi. I cambas, gli abitanti del posto, odiano i kolla, gli abitanti dell'altopiano. Nelle poche ore che passo in città ben cinque persone mi dicono che i kolla sono dei taccagni pidocchiosi che non sanno cosa sia il gusto della vita (tanto razzismo l'ho sentito raramente). La tensione si vede dai dettagli: l'assenza del presidente Evo Morales (in visita ufficiale all'Assemblea Generale dell'ONU dove ha "rimpiazzato" Chavez) e il rifiuto del vicepresidente di fare il suo discorso, ufficialmente per un cambio imprevisto nel protocollo. Interessi economici divergenti e identità culturale, ci sono tutti i presupposti per un conflitto. Per il momento non violento, ma l'ossessione con cui si pronuncia la parola "autonomia" parla chiaro, qui non si faranno sconti.
cambakolla

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