martedì 7 settembre 2010

Da Barreirinhas a Jericocoara: la mini odissea

Mai come in questi giorni ho desiderato tanto possedere un elicottero, oppure potermi trasformare in uccello, o anche semplicemente essere un nano. Il viaggio da Barreirinhas a Jericocoara é una piccola affascinante odissea che comincia su una Toyota sul cui pianale sono montate ben dodici sedie. Chi ha preso le misure deve essersi dimenicato che gli esseri umani hanno degli arti inferiori comunemente chiamati gambe. E´ letteralmente impossibile stare seduti senza stare in posa da sirenetta o dover incastrare le ginocchia tra i tubi di ferro che tengono in piedi il telone. Quando la macchina inizia a muoversi sulla pista sabbiosa in mezzo alle dune la mia rotula destra viene ridotta in briciole, mentre con il resto del corpo scopro infinite superfici taglienti, inizialmente ignorate o sottovalutate. Oltre al vento e alla sabbia, biogna stare attenti ai rami, visto che l´autista - per evitare di rimanere insabbiato - deve costantemente accelerare anche quando si passa vicino agli alberi. Il tragitto da Barreirinhas a Paulino Neve deve essere di circa 40 chilometri ma ci vogliono circa  due ore per arrivare.
La campagna elettorale nello stato di Maranhão deve giocarsi per un pugno di voti, visto che anche in un posto dimenticato da Dio come Paulino Neve, dove non c´é la minima traccia di un pezzo di asfalto, ci sono in giro solo macchine con cartelli elettorali e con enormi casse che trasmettono i gingle dei candidati. Quella piú rumorosa é quella di Roseana, la governatrice uscente, appoggiata da Lula.
Di fronte all´unico ristorante di Paulino Neve, parte a mezzogiorno la jeep per Tutoia, seconda tappa del mio periplo. A mezzogiorno e mezza non si vede ancora nessuno, ma niente panico. Nel paese del tudo bem non bisogna avere fretta. L´autista compare dopo un po´, mi carica (i suoi sedili sono nettamente piú comodi) e mi porta in giro per il paese a fare tutte le commissioni che non ha avuto il tempo di fare in precedenza (e sono molte). Una volta finito di andare di casa in casa a prendere e portare oggetti di ogi tipo, da normale tassista di campagna si trasforma in pilota di rally e guida sulla strada sterrata come se fosse inseguito da un pazzo omicida su una Porsche. La signora che e´seduta davanti a me si fa una messa in piega totalmente gratuita e molto aerodinamica. In meno di un´ora, passando ruscelli in cui donne lavano i panni e lavori in corso che ci ricoprono di polvere, siamo alla rodoviaria di Tutoia, ovvero un edificio ad un piano che funge da stazione dei bus.
Sceso dalla jeep, vengo immediatamente cooptato dall´autista dell´ônibus che sta per partire. Questa volta niente vento, né sedili spezza-schiena. A darmi il colpo di grazie ci pensa l´aria condizionata. Quando il bus arriva a Parnaíba sono assiderato e in stato confusionale. Decido di non scendere alla stazione dei bus preferendo andare fino al centro, per poi scoprire da un tassista che non ci sono bus per Comecim la mattina (non é vero) e decidere di prendere quello della sera, tornando quindi alla stazione dei bus, per essere informato che il bus delle sei é pieno e rimane solo quello delle nove che arriva a mezzanotte in un posto che non é menzionato dalla mia guida. Decisione finale: rimanere a dormire nella pousada deprimente di fronte alla stazione, ritrovo di tutti gli scarafaggi e le zanzare della regione, per prendere il bus delle sette di mattina (che in realtá esiste).
Lo stato confusionale si attenua verso sera quando esco a prendere un po´ di fresco. Vengo accalappiato da un venditore di spiedini (manzo, pollo e una specie di cotechino che digeriró nel 2014) che ha parenti in Francia, ma non sa bene dove vivono. E´tutto eccitato, non so se sia cocainomane o semplicemente molto contento del suo lavoro. Non ho fame, ma mangio lo stesso tutta la carne, la manioca e il riso. Con i mesi sono diventato un cammello: mangio ora perché non si sa mai.
Da Parnaíba a Camocim sono due ore di bus extralusso. A Camocim, invece, bisogna prendere un camioncino Toyota che parte quando é pieno. Vedendolo carico di gente, avrei detto che era giá ora di partire. L´autista non sembra essere dello stesso avviso e si aspetta un´ora per essere sicuri che non rimanga neanche un centimetro libero (computo totale: 22 passeggeri). Nel frattempo faccio conversazione con Francisco, un ragazzo di São Luiz che riesce a capire il mio portoghese (e io il suo). Con il suo smarphone va anche sulla pagina del mio blog per vedere qualche foto di viaggio. Quando stiamo ormai perdendo la speranza, la macchina si mette in moto e fa tre metri per fermarsi alla stazione di benzina, poi ne fa trecento per fermarsi davanti ad una chiatta per attraversare il fiume: tutti giú, poi tutti su di nuovo per percorrere una cinquantina di chilometri di pura spiaggia: mare a sinistra, dune a destra. Ci si ferma di nuovo per far salire la Toyota su una mini-chiatta che viene spinta con delle pertiche. Dal lato lato altre macchine stanno attraversando il pezzo di mare e ci ritroviamo tutti a galleggiare spinti da uomini molto forti e molto sudati. Un altro pezzo di spiaggia e infine il paesino di Jericocoara appare all´orizzonte come una specie di oasi nel deserto. Dopo un giorno e mezzo di viaggio sono arrivato a destinazione.
Culo quadrato

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