giovedì 21 ottobre 2010

Nella vallata della pace

Il colpo d'occhio di La Paz, arrivando in bus, è da far perdere il respiro, e non solo per i 3.600 metri che ne fanno la capitale più alta del mondo.I versanti della vallata sono letteralmente ricoperti da una moquette di costruzioni di mattoni grezzi (l'intonaco non è di moda in Bolivia), che non lasciano neanche uno spazio libero: non un albero, non un'aiuola. In confronto, le costruzioni abusive sui fianchi del Vesuvio appaiono come delle ville venete.
A prima vista La Paz sembra una specie di inferno su terra. Non é cosí. Nella realtà è molto accogliente e gentile con i nuovi arrivati. Non è bella, ma la gente per le strade che vende di tutto a tutte le ore, le migliaia di minibus che percorrono le stradine in salita sgasando e strombazzando, il sole che appare e scompare come una star di Hollywood cambiando il paesaggio (e la temperatura) in un microsecondo, i mercati strapieni di gente, tutte queste cose assieme la rendono unica.
Il cinema ¨16 di luglio¨ è un immensa sala da duemila posti, con le pareti ed il soffitto ricoperti da centinaia di cartoni porta-uova. Alla sessione delle nove e mezza, a vedere il film argentino "Aparecidos" che mischia horror psicologico alla dittatura degli anni 80 (sorpendentemente riuscito) non c'è nessuno. La gente, il sabato sera, cammina per le strade. Tra mezzanotte e l'una inizia ad entrare nei locali: c'è il Mongo's, quello fighetto che riesce a mala pena nell'intento, il Traffic con la musica house dove c'è solo qualche gringo che fuma sigarette non-stop, il Mama Diablo che fa musica latina dal vivo dove il buttafuori non fa entrare un ubriaco troppo vivace ed il Target Urbano, il locale alternativo dove un gruppo rock scopiazza i Cranberries in versione locale. Ma la stragrande maggioranza delle persone, il sabato sera, si dedica alla Paceña, la birra nazionale. Le strade di La Paz si trasformano in orinatoi pubblici e in dormitori a cielo aperto per chi non riesce ad arrivare a casa in tempo. Se ci si sveglia presto la mattina, li si ritrova ancora lì, addormentati per terra, con posture da cadaveri colpiti da un fulmine. Come resistano al freddo della notte resta un mistero.
Il biglietto per vedere il gruppo andino che si definisce "fuerza tellurica de los andes" costa un dollaro e mezzo. Quello più caro ne costa tre. Il gruppo non si risparmia e - per più di due ore - suona senza pause melodie andine rivisitate, con gruppi folklorici che ballano sul palco con vestiti multicolori. Non è uno spettacolino kitch per turisti (gringos in giro non ce ne sono). Il teatro è pieno di paceños che battono le mani a ritmo e applaudono con più foga ogni volta che uno dei musicisti fa un cenno. Qui la musica tradizionale è la vera musica, ascoltata, ballata, suonata praticamente da tutti.  
La domernica mattina si fa il bis. Sulla strada principale di La Paz c'è gente seduta sui muretti e venditori ambulanti che fanno affari. Passa una banda seguita da un gruppo di danze popolari. Gli uomini indossano enormi maschere che rappresentano spiriti maligni, le donne larghe gonne colorate. Nè la banda nè i ballerini vanno molto a tempo, ma la perfezione non è caratteristica boliviana. I ballerini bevono birra e mangiano degli snack tra una giravolta e l'altra. Passa il primo gruppo, poi un secondo, un'altra banda ed un terzo. I vestiti includono elementi tradizionali ad altri visibilmente importati: a splendidi tessuti artigianali si mischiano cravatte, cappelli a bombetta, stivali con la zeppa in stile travestito e minigonne vertiginose. La tradizione non é un concetto statico, ma evolve con il tempo.
Illimani

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