venerdì 1 ottobre 2010

Il riposo del guerriero

Samaipata ricorda un po' il paese perfetto del film "Big Fish" di Tim Burton, dove la gente butta via le scarpe per non avere la tentazione di andarsene. IL suo nome in quechua significa "riposo tra le montagne" ed è effettivamente il posto ideale per riprendermi un po' del molto sonno perduto.
Facendo un giro per il parco Amboro sembra di essere in un altro film: Avatar. In mezzo ad una foresta piena di muschi e licheni di ogni forma e colore, tra alberi che sembrano morenti, ci sono delle enormi felci, con dei veri e propri tronchi alti 3 o 4 metri. In cima le foglie sbocciano come delle code di dinosauri. Il giro è molto bello anche se la guida è il fratello gemello di Lapalisse (le felci sono piante molto vecchie) e ha delle idee molto minoritarie in campo botanico (le piante hanno bisogno di molte proteine). I due compagni di avventura sono un francese che vive di rendita da tre anni e che sta viagguando per l'America Latina ed un anziano americano asmatico che è venuto dall'Argentina per rinnovare il visto (e che finisce il giro per miracolo).
Il sabato sera a Samaipata è tutto un programma, che inizia con l'obbligatoria presenza nella piazza centrale. Devo ancora scoprire per quale arcano motivo in tutte le prigioni del mondo i detenuti camminano per il cortile in senso antiorario durante la famosa ora d'aria. A Samaipata non ci sono detenuti, ma tutti girano in senso antiorario lo stesso: ragazzini, mamme con i bambini, turisti solitari. Chi ha una macchina, come le due ragazze che ho conosciuto qui, girano con il finestrino abbassato, anche loro in senso antiorario. Per la prima volta da molto tempo sono seduto nel sedile posteriore di un jeeppone che non sia scassato. Mi sento come in un video di Snoop Dog (mancano i catenoni d'oro attorno al collo). Questo dabato sera, come nella canzone di Dalla, c'è una grossa novità. Si inaugura la seconda discoteca del paese (la prima si chiama "Che Wilson", non so se sia in onore di Che Guevara o di Chez Maxime)  e fa molta tenerezza. The new place to be, invece, si chiama Melody Park (forse ispirato al Melody sulla circonvallazione di Castelfranco Veneto) ed è uno stanzone rettangolare dove uomini annioati bevono birra e ragazzine isteriche ballano la cumbia in due file perfettamente parallele. Quando la serata entra nel vivo si formano delle coppie, viene introdotto il merengue (e anche una fugace salsa) e si rompono le righe. Il Melody Park è anche Karaoke ed i più fortunati assistono alla gara tra ben 15 concorrenti. Vince un raccomandato, come sempre.
La domenica sera, sulla piazza principale c'è solo silenzio. I turisti del week end sono partiti e restano solo gli abitanti, più qualche straniero di passaggio. La macchina che ha sparato ininterrottamente per due giorni musica a tutto volume (la canzone più gettonata è stata il remix di "Tu vo' fa' l'Americano") è partita, portandosi dietro i quattro ragazzi che avranno bevuto duecento litri di birra senza muoversi da una delle panchine. Anche i banchetti fricchettoni sono spariti: niente collanine, amuleti, incensi o orecchini con le piume. C'è solo un grosso spicchio di luna ad illuminare il cielo.
Tranquility

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