sabato 24 aprile 2010

El MIrador

Prologo

Dieci di sera. Dopo quattro giorni di insonnia, riesco finalmente a dormire, finche' qualcuno si mette a battere insistentemente contro la porta. Ci metto un po' ad lazarmi e ad aprire. All'uomo che bussa appare una stanza fatiscente, vestiti ammucchiati un po' ovunque ed un essere in mutande, spettinato ed insonnolito che lo squadra con aria interrogativa.
Riconosco il tipo. Ha una piccola agenzia che organizza escursioni, tra cui quella a El Mirador, il sito maya piu' grande del mondo che si trova a 63 chilometri di marcia: cinque giorni a piedi nella foresta andata e ritorno. Avevo gia' abbandonato l'idea per mancanza di partecipanti ed ero pronto a muovermi verso sud. Mi dice invece che ora ci sono tre persone disposte ad andarci e che la partenza e' per le sette. Mi chiede se sono ancora interessato. Domanda superflua.

I personaggi

John: quarantenne newyorkese, di lavoro fa l'occupational therapist (riabilitazione motoria per anziani e obesi). John e' logorroico, ipocondriaco e maniaco di attivita' all'aria aperta. Superequipaggiato con tanto di berrettino copri-collo tipo Stanlio e Ollio nella Legione Straniera, e' comunque invidioso del mio zaino che non tocca la schiena e mi chiede varie volte come lo trovo dilungandosi in spiegazioni sulla ragione per cui non ha portato il suo.

Catleene & Katy: coppia canadese di treehuggers (ambientaliste radicali), sono partite di casa in macchina e sono arrivate in Guatemala perche' il loro visto messicano stava scadendo. Catleene e' vegetariana, fa yoga e sembra uscita da "La casa nella prateria", mentre Katy cammina come un cowboy e spara battute a raffica. Nonostante standard igienici ben al di sotto di quelli femminili italiani, l'antipatia per la depilazione di ogni tipo e un'assenza di manicure di base per cui hanno le unghie perennemente nere, sono due bei personaggi.

Lady Boo: misto di quasi tutte le razze del pianeta, e' un cane randagio di piccole-medie dimensioni raccattato in Messico da Catleene e Katy. Ha eletto la loro macchina a sua casa e cuccia. Interessi principali: mangiare pollo e abbaiare agli asini.

Otto: guida tedesco-guatemalteca, e' stato militare, putchista, capo guerrigliero e varie altre cose. Holliwood potrebbe creare una serie di mille puntate sul dieci per cento della sua vita. Nella foresta e' a casa come Tarzan. La sua filosofia e' un misto di sciamanesimo naturista maya e di marxismo rivoluzionario.

Carlos: aiutante di Otto, gli vengono le vesciche dopo due ore di marcia e rimane inservibile per il resto dell'escursione.

Chepe, Baia e Orna: rispettivamente il conduttore e i suoi due muli. I tre sono inseparabili (e visceralmente odiati da Lady Boo): parlano poco (i muli per niente) e lavorano molto.

Giorno uno

Ora di partenza fissata per le sette. Alle dieci stiamo ancora caricando taniche d'acqua mentre Lady Boo da' la caccia a delle sfortunate galline. Arrivati al mini-paese della Carmelita, caricate le provviste sui muli, riempite le borracce e trovata la crema solare per John che e' molto felice di non aver vomitato in macchina come al solito, Otto inizia a darci delle istruzioni di sicurezza di base. Bisogna camminare assieme, se vediamo un giaguaro dobbiamo alzare le mani e urlare, se vediamo un serpente non dobbiamo muoverci tranne con una specie che attacca ed e' pure mortale. Non molto rassicurati dalle istruzioni partiamo in fila indiana sotto il sole devastante di mezzogiorno.
Dopo mezz'ora il gruppo si e' gia' disgregato. John si rammarica di non aver portato i bastoncini in alluminio, mentre Catleene e Katy fanno merenda mangiando un melone. Otto inizia a dirci che siamo quasi arrivati al campo, cosa che ripetera' per almeno dieci volte ad intervalli regolari. Quando vediamo due teli di nylon stesi alla bell'e meglio capiamo che la profezia si e' avverata. John approfitta per farsi una doccia lamentandosi del prezzo, mentre Lady Boo inizia a mangiare la zuppa di pollo destinata a noi.
Incontriamo anche altra gente che e' partita per El Mirador senza muli, senza guida e senza acqua. Chepe mi prepara un'amaca con tanto di copertina e zanzariera ed io dormo sette ore di fila per la prima volta da quando sono in Guatemala.

Giorno due

Uno dei componenti dell'altro gruppo si chiama Ronnie. E' un venezuelo-egitto-uruguayo-ebreo-americano. Un po' complicato da spiegare ma il risultato e' generalmente positivo. Si unisce a noi assieme a Mary, una ragazza ventiduenne del Minnesota che e' arrivata nel Nord Carolina in bici per poi imbarcarsi su barche a vela dirette verso i Caraibi. E' in pausa-studio da quando la sua universita' ha chiuso causa bancarotta.
Carlos, l'assistente guida con le vesciche, soffre palesemente dopo essersele aperte con il mio coltellino svizzero. John mi parla dei suoi pazienti obesi, Otto della guerra in Guatemala, mentre Lady Boo cerca di suicidarsi correndo dietro alle scimmie. Ad un certo punto la perdiamo e Otto dichiara che se l'e' mangiata un giaguaro, facendo la stessa fine di sei dei suoi sette cani. Dopo un po' Lady Boo riappare portandosi dietro uno squadrone di zecche che ci accompagneranno per il resto dell'escursione.
Arriviamo a El Mirador prima di sera, perdendo per strada Carlos. Otto ha gia' deciso che se non arrivera' lo lascera' nella foresta, cosi' la prossima volta non si perde. John scopre che nel nuovo campo la doccia costa meno che nel precedente. Amch'io decido di investine un euro in un po' di igiene personale. La doccia e' in realta' un telo di nylon con un secchio pieno di acqua piovana ed un cimitero di saponi e shampi abbandonati nei secoli da decine di gitanti. Il risultato finale e' piuttosto positivo: la mia pelle diventa piu' chiara e mi alleggerisco di cinque zecche.
Per cena (riso in bianco con fette di carne di maiale in scatola arrostite sul fuoco da campo) ci raggiungono i membri del gruppetto indipendente tra cui tre australiani e una bielorussa dal passaporto canadese. Otto anima la serata parlando della sua famiglia massacrata dalla CIA e del suo miglior amico gallego ucciso dall'esercito. Ci fa anche un riassunto in un quarto d'ora della guerra civile dal 58 ad oggi. Nordamericani e australiani non capiscono una sega e hanno bisogno sia di traduzione dallo spagnolo, sia di un corso accelerato di storia contemporanea di base. La serata finisce con uno scuotimento di teste generale.

Giorno tre

Otto mi sveglia alle cinque tirandomi giu' dall'amaca. Katy, John e un australiano si uniscono a noi per vedere l'alba in cima alla piramide piu'alta del sito (che in seguito scopro essere la piramide volumetricamente piu' grande al mondo, alla faccia degli egizi). Visto che secondo Otto siamo in ritardo, ci mettiamo a correre come dei forsennati per la foresta per 45 minuti e saliamo i gradini della piramide tre alla volta. Arriviamo che mancano vari minuti all'alba e scopriamo che c'e' una tale foschia che non si vedra' assolutamente niente. Mi rifaccio guardando uccelli tropicali con il binocolo appannato di Otto.
Dopo un po' scendiamo a fare colazione: porridge di farina di fave con banane cotte. Mettendoci mnezzo litro di miele e mezzo chilo di granola sa anche di qualcosa. Il resto della giornata e' dedicato alla visita dell'immenso sito, con Otto che ci fa da Cicerone e sciorina anche tutto il suo repertorio da Mister Crocodile Dundee, mostrandoci piante che curano ogni tipo di male, tra cui il morso di serpente, con la solita eccezione di quello molto stronzo che se ti morde ad un braccio l'unico modo di sopravvivere e' tagliarselo con il machete (se ti morde ad un fianco sei veramente sfigato).
Durante la giornata Lady Boo e' molto triste perche' deve rimanere al campo al guinzaglio (i tacchini dei guardiani ringraziano). La troviamo mezzo strangolata dal tanto girare attorno al palo a cui e' legata. Catleene inizia a toglierle zecche e tutti la imitiamo esplorando le nostre gambe...
Prima di cena saliamo sulla piramide de El Tigre, grande come il complesso piu' monumentale di Tikal da cui si vede un mare di foresta sotto i nostri piedi. Il panorama mi ricorda quando si va in motagna e si vedono le nuvole
da sopra. In cima alla piramide, guidati da Catleene, quasi tutto il gruppo si mette a fare yoga, mentre io spiego a Katy i miei piani per diventare milionario vendendo birra gelata a El Mirador. Il povero Carlos, nonostante le vesciche, viene reclutato per una sessione di respirazione collettiva e non sembra capire che cosa ha fatto di male per meritarsi tutto questo.
Cala la notte. Un'anima santa cucina una cena piu' che decente e poi tutti a nanna. Il Chepe accompagna il sonno con delle sonore scorregge, mentre Carlos russa come un bandito.

Giorno quattro

Inizio la giornata con un gesto da Indiana Jones. Seguendo l'esempio di Otto, mi spalmo una foglia di una pianta sulla lingua e poi ci spengo sopra una sigaretta: nessuna ustione e nessun dolore. Secondo Otto, la foglia magica serve anche ad abbassare il ritmo cardiaco, come antidolorifico e per la sterilita'femminile (nel senso che la fa venire). Visto che siamo nell'ambito della medicina da campo, si passa in seguito a curare le piaghe dei camminanti. John e io dispensiamo cerotti a meta' della comitiva. Quelli presi peggio sono Carlos, che ha ormai due piaghe da decubito ai piedi e Katy, i cui piedi assomigliano ad una fiorentina, con aggiunta di un po' di sporco organico e un po' di sporco inorganico.
Il piano della giornata e' molto semplice: si torna indietro, sempre camminando. Per fortuna la giornata e'clemente ed il cielo un po' nuvoloso. Fa un po'meno caldo, ma John rimane sempre molto preoccupato per la quantita' d'acqua da bere e spera che sia sufficiente. Tra travasi e parsimonia, riusciamo ad arrivare al campo senza troppi problemi,incontrando anche qualche tacchino selvatico e delle scimmie che ci fanno la cacca in testa. Il campo e' lo stesso del secondo giorno, anch'esso dentro ad un sito archelogico (Tintal) che troviamo la forza di visitare. Saliamo sull'ennesima piramide ad aspettare il tramonto in tre: John, un australiano ed io. John approfitta dell'attimo di raccoglimento per fare un'analisi dettagliata di quanto stronza e'una sua paziente che gli ha detto che dopo la sua distorsione alla caviglia soffrira'sempre del cambio di tempo. Io penso invece a quanto sono idioti quelli che scrivono il loro nome sulle agavi che crescono in cima alla piramide. Quando mi volto, vedo che l'australiano sta scrivcendo AUSTRALIA su una foglia d'agave con un sasso. Decido che il tramonto sulla piramide fara'ameno di me e scendo a sonnecchiare sulla mia amaca.
La sera si avvicina e non c'e' movimento in cucina. Sento che ci sono molti spaghetti avanzati e, per limitare i danni, mi metto all'opera accendendo il fuoco, mettendo l'acqua a bollire e facendo un sopralluogo degli ingredienti per il sugo. Ci sono cipolle e carote in abbondanza. Mi rendo pero' tragicamente conto che ci sono cinque buste di salsa al pomodoro, di cui solo due normali (ovvero al vago gusto di ketchup), mentre le altre sono al gusto pollo e al gusto frutti di mare. Per tentare di dare un po'di decenza al tutto,annego il sugo in un mare di origano e ci metto anche delle proteine vegetali che Catleene tira fuori dalla sua busta dei misteri vegetariani. Il risultato finale e' indicibile, ma vista la ciurma poco esigente e lafame atavica, tutti fanno il tris e c'e' chi se lo mangia a colazione il giorno dopo (le canadesi si portano addirittura gli avanzi per il pranzo).
Mi addormento senza problemi, svegliandomi tuttavia nel mezzo della notte tra un concerto di scorregge di persona ignota e il russare preciso e ritmato di John. In un eccesso di zelo archeologico-astronomico, decido di salire la piramide di notte per vedere le stelle. Armato di lampada frontale, mi introduco nella foresta. Bastano pochi attimi e mi rendo conto che sarei un'ottima colazione per un puma affamato, nonche' la preda ideale per il serpente stronzo. Decido comunque di andare avanti, con un sentimento panico che accresce via via. L'ombra di una palma mi fa trasalire e il riflesoo degli occhi dei ragni mi fa rabbrividire. Solo salendo le scale della piramide la paura si dissipa, perche' la fatica fisica prende il sopravvento.
In cima lo spettacolo e' magnifico e anche totalmente gratuito. Il cielo e' terso ed in lontananza si vedono i rilievi delle pirami di coperte di verde degli altri siti sparsi un po' ovunque nell'immensa pianura.

Giorno cinque

Si fanno gli zaini per l'ultima volta. La giornata e'torrida e faremo le cinque ore che ci separano dalla prima strada sterrata con 35 gradi. John e' particolarmente in forma e inizia a parlare al minuto zero per terminare a fine giornata. Scopro che prima di diventare occupational therapist e' stato analista finanziario, poi insegnante di inglese in Giappone, infine copyrighter (inventava idee pubblicitarie). Ora pensa di specializzarsi ulteriormente nella terapia e,a46 anni, vorrebbe riprendere gli studi.
Come una mandria che torna a casa copriamo l'ultimo tratto di foresta a velocita' record, nonostante alcuni abbiano ormai i piedi in putrefazione. Riusciamo ad arrivare al paesino della Carmelita prima di mezzogiorno, per scoprire che la macchina che deve riportarci indietro non c'e'. Per stemperare la delusione prendiamo d'assalto il negozietto di bibite e il comedor che ci serve gli ormai classici frijoles con uova assieme alla granita piu' buona del mondo. E'il primo pasto batteriologicamente accettabile da quando siamo partiti: i piatti lavati e ognuno con la sua forchetta.
La macchina finalmente arriva, ma invece di essere il pickup 4x4 dell'andata, e' un catorcio di pullmino che solleva un sacco di polvere e l'imbarca tutta a causa di un buco nel telaio. In breve ci ritroviamo tutti coperti di bianco come dei mugnai, compresa Lady Boo, che ha trovato spazio sotto le mie gambe e tenta di conquistarne di piu' muovendosi come un serpente. Dopo un'attenta analisi della dentatura di Lady Boo, mi rendo conto che non solo le manca il canino destro, ma la mandibola e' un po'inclinata, cosa che spiega perfettamente l'abbondante salivazione che cola sul mio ginocchio destro. Non avendo piu'la forza per oppormi agli elementi, aspetto che il viaggio di ritorno abbia fine.
Mentre ci avviciniamo a destinazione, passiamo un albergo dal nome esplicito di "El amor secreto", seguito poco dopo da un altro albergo che si chiama "El otro amor secreto". Se qualcuno dovesse aver bisogno di due alberghi a ore a poca distanza l'uno dell'altro per un doppio tradimento, adesso sa dove trovarli.
Dopo una doccia che lascia sul fondo tre dita di polvere e terra, la giornata finisce con una sbevazzata collettiva.

Il buon selvaggio

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