venerdì 30 aprile 2010

Copan

Alle sette di mattina il sole e' abbagliante, le stradine di acciottolato sono vuote e non c'e' nessuno a fare colazione vicino alla piazza principale. Il sito archeologico maya e' a quindici minuti a piedi dal paese, arrivo poco prima delle otto. Il mio nome e' l'unico sulla data di oggi, sono il primo visitatore e lo rimarro' per quasi un'ora, unico spettatore del passaggio di due enormi pappagalli colorati sulle stele scolpite e sulla gradinata di geroglifici. Il primo gruppetto di turisti e' composto da giapponesi, poi un ragazzo solitario che vede il sito in mezz'ora in stile Speedy Gonzales. Piu' tardi il tutto sara' invaso da rumorose scolaresche che mi guarderanno con divertimento, chiamandomi irrimediabilmente "gringo". Non faccio neanche lo sforzo di spiegare che non sono americano e sorrido agli sguardi ammiccanti.
Mi siedo all'ombra a leggere il mio libro, poi la parte sulla storia dell'Honduras della guida. Nell'ultimo secolo ci sono stati ben 17 cambi costituzionali, roba da far rivoltare Kelsen nella tomba. Forse nessun altro stato del centramerica merita di piu' l'appellativo di "Repubblica delle banane". Compro un giornale per scoprire qualcosa della politica locale dopo l'ultimo colpo di stato, ma sbaglio testata e divento un esperto mondiale di footbol honduregno, forse piu' utile della politica.
Articolo 128

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