Mi incammino dalla finca Ixobel verso la strada principale con i miei due zaini e mi siedo ad aspettare che un autobus Fuente del Norte passi prima o poi. Dopo un paio di minuti sento uno stridere di freni e vengo investito da un flusso di aria calda e polvere. Il bus si ferma a un centinaio di metri e mi tira su. Si incaminna verso sud fermandosi qui e là a prendere gente, tra cui una signora con due figli, due reti da materasso, cinque sacchi e due cani che vengono sistemati nel bagagliaio sotto il bus. Dopo un paio d'ore, durante una pausa pasto, qualcuno si ricorda dei cani che vengono tirati fuori, ma uno dei due è inanime. Un venditore di giornali sentezia che morirà, mentre un crocchio di uomini baffuti danno consigli alla donna su come rianimarlo. Il povero cane viene innaffiato di acqua, si tenta di farlo bere a forza, finchè è chiaro che non ce la fa. Sia il cane vivo che quello morto vengono caricati sul bus e si riparte come se niene fosse.
A Rio Hondo, un posto che non appare in nessuna carta geografica, cambio bus per andare verso Guatemala City, alias Guate. Il secondo bus è strapieno e soprattutto torrido, visto che i finestrini non si aprono e l'aria condizionata è rotta. Mi siedo a fianco ad un uomo completamente straiato come se fosse a Miami Beach, che mi lascia circa tre centimetri per le gambe. Dall'altro lato del corridoio, due grassoni sono a petto nudo e stanno sudando come maiali.
Il bus riparte imbarcando gente tanto che si mettono dei secchi nel corridoio per far sedere una parte dei nuovi arrivati. Al principio di una salita il bus rallenta, per poi fermarsi e spgnersi senza più dare segni di vita. Miami Beach a fianco a me si risveglia dal suo sonno profondo e decide di dare un occhio al motore. Sperando sia il gemello di Mack Gywer, sono pronto a regalargli il mio coltellino svizzero pur di ripartire in fretta. Il resto del bus rumoreggia, mentre una venditrice di tacos al chicharron (maiale fritto) e alla gallina sta facendo affari d'oro con i due grassoni che hanno ormai rivoli di sudore che si dirigono verso l'ombelico. Miami Beach torna e avverte tutti che il bus è morto e sepolto. Bisogna aspettare quello successivo. Sbarchiamo tutti e io prendo al volo un minibus di passaggio invece di aspettare un paio d'ore e farmi il viaggio nel corridoio.
A Guate prendo un taxi per casa di Paolino che mi ospiterà. Le strade, inizialmente desolanti e deprimenti, si fanno via via più belle e moderne all'avvicinarsi alla zona 10, una delle zone ricche. Passo un controllo di scurezza ed entro nella colonia Oakland, un posto che potrebbe trovarsi nel midwest americano invece che a Guate: strade asfaltate, erba tagliata, gente bella che fa jogging, sicurezza onnipresente.
In Guatemala ci sono in media 14 omicidi al giorno, quasi di più che in Iak e la stragrande maggioranza si commettono nella capitale. La paura è una compagna di vita per tutti, ricchi e poveri. Quando il giorno dopo faccio un giro in centro (senza portafogli e senza macchina fotografica) mi sembra di entrare in un videogioco pieno di cattivi, alcolizzati, junkies e gente dall'aria malavitosa. La suggestione è forte e ci mette un po' a dissiparsi. Le strade del centro sono cadenti e decadenti. A differenza di altre città del Guatemala, i negozi e ristorantini del centro, invece di avere un'aria folkloristica e tranquilla, sono squallidi, grigi e tristi, popolati da persone che parlano poco e non sorridono. Eppure il centro ha dei piccoli gioiellini sparsi qua e là, come degli edifici coloniali con delle corti interne stupende, dei centri d'arte, dei piccoli musei molto belli. Una volta usciti da queste bolle di normalità e tranquillità, ci si trova in una strada polverosa, con bus che ti avvolgono in fumi neri. Agli edifici coloniali si alternano case fatiscenti, costruzioni moderniste che non sono mai state belle, una catena di fast food americana o locale o un negozio di armi. Devo ammettere che tornare verso la zoa 10 mi ha fatto piacere, nonostante il sentimento di sentirmi un carcerato di lusso.
Urban man
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