Cuenca non sara' piu' bella di Cuzco o Cartagena, ma in compenso ha il miglior barbiere dell'America Latina. Come vuole lo stereotipo e' super-gay e mi fa un taglio con cui trovero' difficilmente una moglie, ma sicuramente molti mariti. Forse per i miei occhi chiari ho avuto un servizio personalizzatissimo (capelli, barba, sopracciglia) ed economicissimo (2 dollari).
Fuori dal negozio del barbiere Cuenca vive la sua bellezza con noncuranza. La gente cammina senza curarsi troppo di palazzi e strade coloniali, ne' dei pochi turisti che gironzolano con il naso all'aria. E' valsa la pena venire qui, anche se con un tragitto in bus tra i piu' orrendi dall'inizio del viaggio: due ore seduto praticamente sulle ginocchia dell'autista, seguite da un'ora di attesa su un marciapiede lurido tra cani randagi e umanita' in lotta per la sopravvivenza (il week end si muovono tutti e qui il concetto di "coda" o "precedenza" e' rimpiazzato da puro darwinismo sociale). Un poliziotto e' in vena di conversazione. Ha famiglia a Napoli, ma non sa che la citta' e' sul mare. Quando vede il mio bus arrivare lo ferma con gesto marziale facendomi salire. Il bus e' pero' pieno e mi attendono tre ore e mezza in piedi, tra curve e inchiodate di un autista in erba che ha paura anche delle mosche che si spiaccicano sul parabrezza. Altre quattro ore seduto e sono finalmente a Cuenca, giusto in tempo per un piccolo concerto di salsa e un letto non troppo scomodo.
Ghiro
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