martedì 3 agosto 2010

La domenica del villaggio

La gente cammina piu' lentamente, in piccoli gruppi. Le donne indossano vestiti tradizionali, con in testa un cappello bianco e un po' troppo piccolo che ricorda vagamente quelli di Stanlio e Ollio. I bambini si guardano attorno divertiti. La domenica e' sempre un giorno speciale, lo si sente appena si scende in strada: il ritmo rallentato, la rottura della routine, avere il tempo di perdere un po' di tempo.
A Gualaceo domenica vuol dire mercato. Chi non vende compra e chi non compra si fa una passeggiata guardando gli altri. E' un mercato silenzioso, di pelli scure e nasi ricurvi, dove si vende molto mais, in tutte le sue forme. E' un mercato sparpigliato per il paese. Nella parte coperta, quella permanente, faccio colazione con una specie di crepe di mais. Al mio tavolo sono sedute tre studentesse che mostrano con malcelato orgoglio dei libri di sociologia dell'educazione. I loro vestiti tradiscono un'origine borghese, i loro visi tratti spagnoli. Anche loro stanno facendo colazione, afferrando con dita dalla manicure perfetta patate, cipolle, maiale fritto e frattaglie di animale sconosciuto.
Il mercato della frutta e' vicino alla chiesa, a fianco ad una piazzetta con fontana e panchine. Le due anziane che mi siedono vicino parlano con tutti i venditori ambulanti. Rifiutano delle noccioline pralinate ma discutono a lungo sul prezzo dei fermagli per capelli e ancora di piu' su quello degli orecchini (2 dollari e 25 e' il prezzo finale).
Poco lontano c'e' un altro pezzo di mercato, in cui si vende dai reggiseni ai detersivi. Su un banco trovo delle scarpe da bambini marca "Nokia" e copie di All Stars marca "Aventura".
The king of taroc

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