martedì 17 agosto 2010

Le mille vite di Rio


I quartieri di Rio sono dei mondi paralleli che si incrociano ai semafori di strada. Ad Ipanema sembra di essere in Francia: programmazione urbanistica, parchi, vetrine di negozi chic, ristoranti, cani. Se Parigi avesse il mare sarebbe una piccola Ipanema. Qui c'é il supermercato piú caro del mondo, é impossibile mangiare per meno di un milione di dollari e il mercatino dell'artigianato sembra quello di Ginevra. Quando piove i cani hanno degli impermeabili e quando fa freddo (18 gradi, si fa per dire...) addirittura il cappottino. Tra strade che trasudano borghesia ci si puó imbattere nel ristorante Garota de Ipanema, il posto in cui Antonio Carlos Tobim e Vinicius de Moraes scrissero la canzone di bossa nova piú famosa in assoluto, la Ragazza di Ipanema appunto. Lí vicino c'é un locale in cui tutti i giorni si sentono note di chitarre e percussioni. Alle undici di sera sale sul minuscolo palco una donna piú grassa di Britney Spears, piú scura di Madonna e piú intelligente di Laura Pausini (per tutte e tre ci vuole poco). Non ha bisogno di backstage, ballerini e spettacoli per allodole. Le basta aprire bocca, fare uscire la prima nota e la pelle d'oca appare sulle braccia, per andarsene a fine concerto. La cantante si chiama Maria Creuza e - tra un bicchiere di whiskey e l'altro - parla con finta nonchalance dei miti della bossa nova con cui ha lavorato. Le canzoni accarezzano le orecchie e sussurrano parole come "tristeza", "saudade" o "melancolia". Ad ascoltare i testi sembra di essere in novembre nella Polonia orientale, invece che nel cuore del Brasile.
Santa Teresa é un pezzo di Lisbona incastonato nel centro di Rio. Le strade di porfido costeggiate da case dell'ottocento salgono strette e sinuose. Un tram che non é cambiato dagl inizi del secolo scorso passa lentamente e la gente sale e scende senza aspettare le fermate (non ci sono porte). A metá salita si ferma. Da quello che capisco non c'é elettricitá nelle linee. Fa niente, la giornata é bella e camminare a Santa Teresa é un piacere in sé: si sale, si scende, si passano ateliers di artisti, case di ricchi, case popolari, scuole di capoeira, scuole di samba. La macchina officiale di Santa Teresa é il maggiolone. Il furgone piú diffuso il vecchio Volkswagen (Tom cerca di trattenerti!).
Scendendo verso il centro si arriva a Lapa, il quartiere che di notte scoppia di gente in festa e che di giorno é pieno di gente che si muove per lavoro (non si ferma mai). Sia di notte che di giorno Lapa emana un fascino potente, vagamente decadente. Qui un pasto completo costa due o tre euro, i ristoranti vendono tapas e cose da mangiare al volo, si beve birra in bottiglie da mezzo litro. Lapa é un quartiere che non va al risparmio e che bada al sodo.
Poco piú in lá c'é il Centro, dove l'architettura liberty e post-coloniale fa a botte con palazzoni grigi, chiese, edifici Bauhaus, grattacieli vetrati e la cattedrale piú orrida del mondo: un cono di cemento armato di una cinquantina di metri con il tetto a forma di croce. All'interno sembra un immenso alveare, se non addirittura un cimitero in formato industriale. Di fronte alla chiesa, due pulitori-acrobati si calano con delle corde dal tetto di un edificio interminabile per pulirne i vetri. Per le strade gente che cammina in tutte le direzioni, entrando e uscendo da negozi. Vicino alla strada pedonale Uruguanaina ci sono vari mercatini coperti. Sono un labirinto di piccoli banchi che vendono tutto per il cellulare e l´elettronica. Ti puoi fare assemblare un computer con pezzi di scarto o sbloccare una carta sim in qualche secondo. Al quindicesimo tentativo, dopo aver seguito indicazioni che mi fanno girare mezzo centro storico, trovo un tipo che vende un caricabatterie compatibile con la mia macchina fotografica (il mio é misteriosamente scomparso tra Ecuador e Brasile).
Verso nord c´é Maracana, il quartiere con il tempio del calcio mondiale, un ovale da ottantamila posti, casa delle quattro squadre di Rio. Sulla metropolitana che mi porta a vedere la partita chiedo indicazioni ad un gruppo che ha delle maglie rosse e nere. Vengo immediatamente cooptato nelle fila del Flamengo, la Juve brasiliana, che in questo momento viaggia a mezza classifica. L´altra squadra, il Ceará, é terzo e ha maglie bianconere. Faccio un po´ fatica a tifare per il colore sbagliato, ma non voglio deludere gli amici metropolitani, né l´intera curva del Flamengo (quando si arrabbiano é meglio girare alla larga). La partita é una noia: lenta, tattica, piena di errori, finisce uno a zero dopo un rigore sacrosanto. Il Flamengo vince, l´allenatore é salvo, i tamburi smettono di suonare, la gente si riversa in strada alla ricerca di un taxi tenendosi stretti per non perdersi.
Ancora piú a nord c´é la periferia povera di Rio: baraccopoli e favelas. Ci passo a fianco in bus per andare a Petropolis, ex-residenza dell´imperatore del Brasile nell´ottocento. Le case sono di mattoni nudi, le strade vuote di gente, cartelloni elettorali dappertutto (il successore di Lula verrá eletto tra poco). Non si ha voglia di fare una passeggiata.
Barrios

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