Granada, la perla coloniale del Nicaragua e' una citta' irritante. Nonostante i verdi e ombrosi cortili interni in cui gli abitanti sonnecchiano su sedie a donodolo, la presenza costante del vulcano Mombacho circondato da nuvole o del lago Cocibolca, c'e' qualcosa che stona nel quadro idilliaco di palazzi coloniali restaurati, della cattedrale dipinta di fresco o dei begli alberghi per l'alta borghesia della capitale. Troppa gente ti chiama "amigo" per strada - di giorno principalmente uomini, di notte donne - offrendo tutto tranne che amicizia ("tengo cocaina, muy buena, muy barata hermano"). Ai lati del Parque, la piazza centrale, dormono per terra sbandati e senza casa, mentre il mercato coperto li' vicino e' il piu' triste, scarno e tetro che abbia visto in Nicaragua. Granada sintetizza molte della contraddizioni del paese, spesso ignorate da turisti frettolosi o distratti.
Nei dintorni di Granada, serviti da decine di scuolabus americani, ci sono dei paesi carini e sonnacchiosi, quasi tutti tappezzati di scritte e cartelli inneggianti il sandinismo. C'e' San Juan del Oriente dove si producono terracotte, Caterina con i suoi vivai e il panorama sul cratere della laguna de Apoyo (dove sono diventato l'attrazione principale di 200 ragazzini in gita scolastica da Managua) e la cittadina di Masaya, nella cui piazza centrale - con circa 35 gradi all'ombra - ho sfidato la sorte mangiando un brodo di manzo con yucca e patate.
El gordo
Nessun commento:
Posta un commento