Sveglia alle 6. IL bus per San Pedro Sula e' torrido gia' all'alba. Come colazione mangiamo dei saccottini ripieni di pollo che sembrano fritti in olio di mor}tore di camion. A San Pedro prendiamo un altro bus che e' stato parcheggiato in un altoforno per tutta la mattinata. Il caldo e le franate dell'autista hanno un effetto esilarante sulla mia compagna di viaggio Eveline che viene affetta da ridarola prorompente per le due ultime ore, senza che riesca a fare niente per farla smettere di ridere. Arriviamo a Comayagua, cittadina che viene di solito ignorata dai turisti, allo stremo delle forze. Il primo hotel che troviamo sembra un angolo di paradiso, con addirittura una vera e propria reception, il bagno in camera e la televisione, ma viene giudicato troppo costoso da Eveline, che invece approva la seconda scelta che ci costa solo sette dollari in due. In compenso la stanza non e' piu' grande di cinque metri quadrati, con due letti sfasciati messi a L, che lasciano un po' di spazio per un tavolino scrostato su cui ci sono due ventilatori dell'ottocento che funzionano a targhe alterne. La stanza non ha finestre e il bagno (meglio non descriverlo) e' in fondo al corridoio. L'albergo viene ribattezato all'istante 'Shithole' (buco di merda).
Dopo una rapida doccia che ci rida' un po' di motivazione, facciamo un giro per Comayagua approffittando degli ultimi minuti di luce. Personaggi bizzarri girano per le strade semi-deserte di questa domenica pomeriggio e decidiamo che a Comayagua la gente o e' pazza oppure gentile. Facciamo a gara a indovinare da lontano in quale categoria rientri il prossimo passante.
Per dovere di cronaca, bisogna dire che la cattedrale di Comayagua e' l'edificio coloniale piu' grande dell'Hondurasn e che la sua campana e' la piu' antica di tutta l'America e una delle piu' antiche al mondo. Fatti storici a parte, la piazza antistante la chiesa e' uno spettacolo di alberi e calma. La sera, una piccola banda suona melodie orecchiabili in un gazebo di legno.
Noi si va a letto con le galline per essere svegliati verso le cinque dagli spasmi di vomito di un ospite dello 'Shithole'. La sveglia definitiva e' alle 5.45, per prendere la corriera per Tegucigalpa, che e' un vecchio scuolabus americano giallo e nero che si riempie all'inverosimile per poi svuotarsi due ore dopo nel quartiere piu' malfamato di Tegucigalpa.
Parte della mattinata e' dedicata a rinnovare il visto in scadenza di Eveline. Per chi volesse avere un assaggio di burocrazia honduregna, consiglio un passaggio dall'ufficio immigrazione di TegucigalpaÑ alla normale lentezza burocratica si aggiunge l'estrema flemma locale, a parte una segretaria ipercinetica che pero' non ha il potere di mettere il fatidico timbro e ripete che bisogna aspettare solo cinque minuti. Nel resto della mattinata riusciamo a dare un'occhiata alla citta', di cui mi rimangono solo immagini sovrapposte di un McDonald's, bus sferraglianti, un'agenzia funebre con camera ardente aperta 24 ore su 24, un centro commerciali stile americano, venditori di frutta in strada, un Domino's Pizza, traffico e gente ferma alle fermate. A differenza di Guate, il centro di Tegucigalpa e' pieno di gente che passegia e chiacchiera. Un paio di belle chiese coloniali sono incastonate in modo stridente ma quasi armonico tra edifici cubii di cemento armato anni 70, la cui bruttezza senza appello riesca quasi gradevole dopo il primo impatto.
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