venerdì 25 giugno 2010

Boquete

C'era una volta un tempo in cui Boquete era un'amena cittadina di montagna, circondata da campi di caffe' alle pendici del vulcano Bazu. Poi un giornale americano la elesse come "il miglior posto in cui andare in pensione" e gli arzilli vecchietti arrivarono a frotte, probabilmente dopo aver cercato la parola "Panama" sul loro mappamondo e aver comprato il libretto "Central American Spanish" della Lonely Planet. Ora Boquete rimane un posto da cartolina (sembra di essere in Svizzera), ma piena di cartelli "se vende", "se alquila", "lots for sale by owner" e di bar semi-chic che condividono lo stesso marciapiede dei comedor locali che non sono cambiati di un millimetro. In un locale vicino alla piccola piazza centrale, un gruppo di gringos piuttosto attempati si ritrova per il barbeque domenicale, con la Budweiser di rigore (la Balboa, la birra locale, non sembra essere abbastanza buona).
Un po' per pigrizia un po' perche' mi fa un po' male il fianco sinistro, decido di abdicare l'ascensione del vulcano (dormire in tenda sotto la piioggia a piu' di 3000 metri non e' proprio invitante. Decido invece di optare per i "pozos de Caldera", le fonti di acqua termale di un paese vicino. Ci sono tre modi per arrivarci: prendere un tour organizzato (40 dollari), prendere un taxi andata-e-ritorno (18 dollari) o prendere il "colectivo" per David scendendo all'incrocio con la strada per Caldera (75 centesimi di dollaro) e aspettare. Di li' a poco un signore con una piccola Toyota si ferma e mi fa salire assieme alla signora che aspettava con me. Per un dollaro ci porta a Caldera. Poi bisogna camminare - chiedendo indicazioni a contadini con facce da indios - una quarantina di minuti tra campi, ruscelli e sentieri per arrivare ad una casa da cui esce una signora rotonda che chiede due dollari: e' la padrona della terra in cui ci sono le pozze termali e il prezzo lo decide lei.
Le sorgenti appaiono tra l'erba e gli alberi, circondate da grossi sassi. Non c'e' nessuno tranne un uomo che sembra uscito da "Balla con i Lupi" e da una donna che potrebbe essere sua madre. La donna mi chiede di aspettare ad entrare nell'acqua, il tempo di fare un rituale sciamanico agitando le braccia e parlando in una lingua che non conosco. Dopo essermi immerso nell'acqua bollente, l'uomo mi dice - con uno strano accento - "toma agua gringo". Il gringo sono io, mentre l'acqua che dovrei bere e' quella della pozza in cui si e' appena immerso lui. Considerazioni di igiene mi fanno decidere contro il suo consiglio.
Visto che la donna continua a fissarmi con uno sguardo indagatore e che l'uomo non si muove, decido di prendermi un po' di privacy andando all'altra pozza, li' vicino, ancora piu' calda della precedente. All'intorno non c'e' nessuno, solo il cantare degli uccelli.

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